Il problema dello smaltimento della plastica è legato all’uso e direi l’abuso di questo materiale che nacque nei lontani anni 50 e che in maniera esponenziale è andato crescendo in quantità e tipologie.
Penso che i numeri siano più efficaci e pregnanti delle parole.
Oggi si producono nel mondo 400 milioni di tonnellate di materie plastiche all’anno di cui la metà per imballaggi e prodotti di consumo di cui solo il 18% viene riciclato, è una quantità che cresce di anno in anno e che si somma a quelle prodotte negli anni passati arrivando a cifre dell’ordine di 8 miliardi di tonnellate di cui 6 miliardi non sono mai stati riciclati e che mai lo saranno dato che solo una minima quantità delle platiche può essere, ad oggi, riciclata.
Quindi cosa fare? L’articolo cerca di dare una prima risposta fra chi punta al riciclo e chi punta al riuso.
GB
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In tempi in cui i temi dell’efficientamento energetico degli edifici e della transizione ecologica sono tra i più importanti e attuali, la soluzione del tetto verde nella progettazione e ristrutturazione degli edifici assume una nuova rilevanza e un valore aggiunto per i notevoli vantaggi che può apportare sia al patrimonio edilizio che all’ambiente.
Uno studio del Centro Ricerche ENEA sta valutando e quantificando tutti i benefici dei green roof sia in termini di miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici sia in termini di emissioni di CO2. I risultati sono davvero interessanti, specie per i tetti piani su cui non si possano o non si vogliono installare pannelli solari.
CdR
https://www.ingenio-web.it/33830-il-tetto-verde-per-la-sostenibilita-energetica-degli-edifici
La ricerca di nuovi materiali sia strutturali che isolanti è una delle frontiere che devono essere ricercate per limitare l’uso di componenti plastici di origine fossile, oggi largamente utilizzati, il cui smaltimento nel futuro si prospetta sempre più problematico anche per la ridotta possibilità di riciclo.. Questo articolo ci propone un componente vegetale, il bambù, come materia prima di pannelli isolanti, ricordiamo che questo materiale è largamente utilizzato in Oriente, India in primis, come componente strutturale dei ponteggi in edilizia.
L’articolo ci ricorda una volta di più come la ricerca a 360 gradi sia l’unica via di uscita da un mondo che lentamente ma con determinazione deve uscire dall’uso dei materiali provenienti da fonti fossili.
La pandemia da Covid-19, i cui devastanti effetti abbiamo tristemente sperimentato nella nostra cara terra bergamasca, ha sollecitato ovunque la spontanea iniziativa di quanti, avendo a vario titolo competenze specifiche, hanno ritenuto di poter dare la propria disponibilità a sperimentare nuovi strumenti che potessero essere di valido supporto e ausilio a supporto delle strutture ospedaliere e sanitarie nel trattamento dei pazienti colpiti dal virus
Dalla sinergia di competenze scientifiche, mediche, ingegneristiche, meccaniche e software, con il supporto di ricercatori dell’Istituto di Fisica Nucleare e sotto il coordinamento di Cristiano Galbiati si è costituito un gruppo di lavoro che ha visto man mano coinvolte oltre 250 figure di vari settori e discipline, che hanno ideato prima, e realizzato e testato poi un ventilatore polmonare a supporto dei malati.
Il lavoro, condotto senza sosta, ha portato alla realizzazione di uno strumento che si rende di grande interesse non solo a livello nazionale, ma che si inserisce di diritto in una dimensione internazionale nell’ottica di risolvere una criticità globale.
Di seguito nel dettaglio l’articolo di grande interesse illustra i contenuti del progetto divenuto preziosa realtà grazie alle sinergie interdisciplinari messe in campo.
La collaborazione fra medici e ingegneri è nata negli anni 60-70 per lo sviluppo degli organi artificiali e della macchina cuore polmone. La Bioingegneria data di quel periodo e si è evoluta con l’utilizzo dell’informatica a sostegno delle problematiche mediche. La realizzazione delle apparecchiature necessarie ha fatto sorgere vere e proprie industrie biomediche.
L’Università italiana, per far fronte a questa specifica necessità, ha istituito la laurea in Ingegneria Biomedica e, presso l’Università di Bergamo, si tiene il corso di “Ingegneria delle tecnologie per la salute”.
Questi corsi hanno il preciso scopo di affiancare sempre più medici e ingegneri per aumentare l’efficienza di un servizio fondamentale, come quello che riguarda la salute dei cittadini, e, cosa niente affatto secondaria, utilizzare al meglio le risorse economiche a disposizione dello stesso. Inoltre, non a caso, impiantistica, apparecchiature e gestione dei servizi informatici, sono problematiche riconosciute dagli Ospedali come competenza professionale degli ingegneri.
Tanto più fondamentale diventa il contributo del sapere ingegneristico, come ricorda il professor Remuzzi nell’ultima parte del suo articolo, allo scoppio di pandemie, come la tristemente famosa Covid-19, che impongono radicali e repentini cambiamenti nella gestione del Sistema Sanitario, sia pubblico che privato.
Autore Ing. Andrea Remuzzi
La possibilità di poter essere di aiuto agli operatori sanitari impegnati sul campo che proveniva dall’impiego di un supporto di ventilazione ai pazienti sub-intensivi affetti da Covid-19 con l’utilizzo modificato della maschera da snorkeling della ditta Decathlon modello Easybreath 1 ha fatto sì che un gruppo di amici, imprenditori e professionisti bergamaschi, guidati da Carlo Pedrali, unitamente all’UCID Monza e Brianza, con presidente Aldo Fumagalli, dessero vita al progetto “Easy Covid-19 Mille respiri per Bergamo e Monza Brianza
Autore: Ing. Umberto Noris