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La ricerca di nuovi materiali sia strutturali che isolanti è una delle frontiere che devono essere ricercate per limitare l’uso di componenti plastici di origine fossile, oggi largamente utilizzati, il cui smaltimento nel futuro si prospetta sempre più problematico anche per la ridotta possibilità di riciclo.. Questo articolo ci propone un componente vegetale, il bambù, come materia prima di pannelli isolanti, ricordiamo che questo materiale è largamente utilizzato in Oriente, India in primis, come componente strutturale dei ponteggi in edilizia.
L’articolo ci ricorda una volta di più come la ricerca a 360 gradi sia l’unica via di uscita da un mondo che lentamente ma con determinazione deve uscire dall’uso dei materiali provenienti da fonti fossili.

 

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Sulla base dei dati attuali, l’energia da fissione nucleare non sembra avere un futuro in Europa, e tanto più in Italia. Pur se i reattori di terza e quarta generazione hanno indubbi vantaggi sul tema della sicurezza, i costi per impianti di grandi dimensioni non sono e ancora di più non saranno in futuro competitivi con la generazione rinnovabile solare ed eolica: è improbabile che questo tipo di reattori giocherà un ruolo chiave nei paesi occidentali e con l’attuale struttura del mercato dell’energia e degli incentivi alla decarbonizzazione.

Per quanto riguarda la fusione nucleare, non potrà dare un contributo significativo alla decarbonizzazione perché è molto probabile che nel 2050, quando potrebbero essere disponibili i primi reattori a fusione, non ci sarà un reale interesse alla loro installazione, ed è improbabile che i costi potranno essere competitivi con le fonti che allora domineranno il mercato.

Ultimamente c’è un grande interesse per gli Small Modular Reactors (SMR), giustificato dal probabile contenimento dei costi, in particolare dalla riduzione dell’investimento iniziale, nonché dalla versatilità e riduzione dei rifiuti radioattivi prodotti. La reale disponibilità commerciale di questi impianti non è ancora certa: il conseguente sviluppo di questa opzione tecnologica dipenderà fortemente dal successo dell’implementazione dei prototipi nei prossimi 10 anni. Solo se si verificheranno effettivamente i benefici oggi previsti, e solo se i costi finali della produzione di energia elettrica da questi fonti saranno molto ridotti rispetto agli attuali reattori di più grandi dimensioni, i reattori SMR potranno essere competitivi in alcuni contesti con le fonti rinnovabili, e quindi giocare un ruolo più significativo nella decarbonizzazione rispetto ad altre tipologie di energia nucleare. Eventuali ritardi, o difficoltà nella compressione dei costi, potrebbero portare fuori mercato questa opzione, o limitarla fortemente. È ancora presto per poter fare una valutazione affidabile in questo senso; al momento, comunque, i principali scenari di decarbonizzazione non considerano questa opzione.

Va ricordato che l’Italia oggi non possiede un’industria nucleare, e l’energia nucleare è stata abbandonata dopo due referendum popolari; il superamento di questi pronunciamenti – al momento improbabile – richiederebbe inevitabilmente tempo, che allungherebbe ancora di più la concreta possibilità di installazione di questo tipo di impianti.

C’è il forte rischio che il dibattito sull’energia nucleare, seppur benvenuto dal punto di vista epistemologico e democratico, possa essere un modo per spostare l’attenzione: una distrazione rispetto alle tante e impegnative scelte che il nostro paese dovrà fare per ridurre le emissioni di gas climalteranti in linea con l’Accordo di Parigi e con il voto del Parlamento che l’ha ratificato alla quasi unanimità.

Visto che le forze politiche che oggi più spingono per l’energia nucleare sono lo stesse che per tanti anni hanno negato la scienza del clima, arrivando ad approvare mozioni in Senato contrarie alla politica europea sul clima, viene il sospetto che questo improvviso  interesse per l’energia nucleare sia in fondo un diversivo: piuttosto che decidere oggi le azioni legislative per ridurre le emissioni climalteranti, entrando nella concreta realtà delle misure, nel calarle sui territori, garantendo equità nella ripartizione degli incentivi e delle tassazioni, molto meglio spostare l’attenzione, discutendo di costruire, in un imprecisato futuro non prossimo, impianti a cui si attribuiscono doti quasi magiche.

 

Stefano Caserini e Mario Grosso

 

Mi permetto una riflessione, che non vuol assolutamente mettere in discussione quanto Stefano Cesarini e Mario Grosso documentano nello studio “La comoda distrazione dell’energia nucleare”. sintetizzata nell’abstract. Spero anzi vivamente che quanto “decretato” per il 2030 e il 2050 siano traguardi raggiungibili, anche se le date dovessero slittare di qualche anno. Confesso anche che non mi piacerebbe che, per raggiungerli, si disseminasse il pianeta di scorie radioattive di durata millenaria. Tuttavia voglio aggiungere che, se il fine è quello di eliminare in atmosfera le emissioni di gas serra derivanti dalle produzione di energia, l’umanità non può assolutamente permettersi il lusso di sottilizzare su quale fonte costi di più o quale di meno, ma adottare tutte quelle che tendono a questo obiettivo. Solo dopo, si potrà cominciare a fare calcoli economici, e indirizzarsi verso le più convenienti.

 

Gennaro Guala

 

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La cosa più naturale oggi è di utilizzare i social o lavorare con videochiamate gestite da piattaforme in cloud, utilizzare la posta elettronica etc.

Ma ci siamo mai chiesto che impronta ha tutto questo sulla emissione di gas serra e, in definitiva, sui cambiamenti climatici?

Milena Gabanelli ci aiuta a “far di conto”……

Il CdR

 

 

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Il calcestruzzo armato è al contempo il materiale più versatile e diffuso nel mondo delle costruzioni ma è anche una delle più grandi fonti di CO2. Non meraviglia quindi che le Associazioni di Imprenditori e di Professionisti, che di questo materiale vivono da centinaia di anni, si stiano occupando con dovizia di impegno e di risorse per diminuirne velocemente l’impronta di carbonio per non perdere terreno nei confronti di altri materiali.

E’ in questo scenario che riportiamo il seguente encomiabile impegno di studio e di proposte molto concrete offerto in bozza agli stakeholder per accoglierne i contributi in vista del documento finale destinato a trasformarsi in idee per il normatore.

Riportiamo anche, nell’abstract seguente, l’approccio, le motivazioni e le modalità di compilazione, della Guida proposta, redatto e  pubblicato da INGENIO.

Il CdR

 

Nel Regno Unito il Green Construction Board e l’Institution of Civil Engineers hanno lavorato insieme al fine dei definire una Guida per il calcestruzzo a basso tenore di CO2 sotto gli auspici del Low Carbon Concrete Group.

La Routemap fornisce raccomandazioni per estrarre il carbonio dal cemento. Questi includono proposte su sette filoni, con il capitolo otto che è una sintesi che include una tempistica per i miglioramenti.

“Mentre il mondo digerisce i risultati della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26), la pubblicazione di questa Routemap verso il calcestruzzo a basse emissioni di carbonio sembra sempre più urgente. Il calcestruzzo è il materiale da costruzione più diffuso. Nel Regno Unito rappresenta l’1% delle emissioni di gas serra, ma a livello globale, le emissioni di carbonio della produzione di cemento associate all’utilizzo del calcestruzzo potrebbero raggiungere l’8-9%.” ecco quanto afferma da Chris Newsome OBE, Green Construction Board member and chair, che prosegue “Poiché miriamo a ricostruire meglio nel mondo post-Covid, dobbiamo lavorare ancora di più per ridurre o eliminare il carbonio dalle risorse che cerchiamo di costruire. Questa mappa del percorso è stata creata da una vasta gamma di esperti, ognuno dei quali ha offerto volontariamente il proprio tempo. Rappresentano una sezione trasversale completa della catena del valore coinvolta nella definizione, progettazione, costruzione e fornitura di materiali per edifici e infrastrutture.”

Low Carbon Concrete Routemap: non rappresenta semplicemente un insieme di buone idee

“Questo documento non rappresenta semplicemente un insieme di buone idee – piuttosto, le strategie stabilite in ciascun filone sono indicazioni per un’interazione cooperativa tra tecnologia basata sulla scienza, materiali disponibili, abilità, conoscenze e approcci alla progettazione e alla consegna che creano un effetto combinato potenziato.”

E’ quanto afferma nell’introduzione Andrew Mullholland, Chair del Low Carbon Concrete Group, che aggiunge “Il focus legislativo è sul 2050; tuttavia, il nostro obiettivo è di mettere in atto una nuova norma entro il 2035 adottando un approccio graduale che inizi immediatamente. Non esiste un proiettile d’argento per affrontare la riduzione del carbonio nel settore delle costruzioni e rimane il fatto che alcune tecnologie non sono ancora abbastanza mature per contribuire a riduzioni significative fino a oltre il 2035. Pertanto, l’obiettivo della Routemap è dimostrare cosa possiamo usare oggi in termini di materiali, come possiamo sviluppare metodi di costruzione migliori e come possiamo utilizzare approcci progettuali intelligenti, nonché quali azioni sono necessarie e quando semplificare le specifiche di cemento e calcestruzzo.”

Questa Guida è un punto di inizio per la decarbonizzazione del calcestruzzo

“Il lavoro del Low Carbon Concrete Group (LCCG) del Green Construction Board non è completo, anzi, probabilmente è solo all’inizio poiché la Routemap rimarrà un documento in tempo reale soggetto ad aggiornamenti annuali mentre misuriamo e registriamo i progressi che facciamo nella decarbonizzazione, oltre a continuare a cercare di migliorare e adottare nuovi o migliori mezzi di riduzione del carbonio.”.

E’ sempre Andrew Mullholland a darci questa informazione utile, che ci fa capire come la strada per la decarbonizzazione sia solo stata avviata.

“Un’ultima parola da parte mia in qualità di presidente della LCCG: sono estremamente orgoglioso del lavoro svolto in questo documento negli ultimi 18 mesi e ciò che so e capisco ora è molto diverso da ciò che sapevo all’inizio. Questa mappa del percorso è stata modellata dai membri della LCCG che si sono riuniti perché volevano fare la differenza. Le loro opinioni, esperienze e competenze si sono unite come un vero consenso di tutti coloro che sono coinvolti nelle attività di costruzione, il che dovrebbe fornire a te, lettore, la certezza che ciò che proponiamo è più che possibile.”

Definire un BENCHMARKING per la CO2 nel Calcestruzzo

E il documento afferma un passaggio chiave: che un futuro a zero emissioni di carbonio per il calcestruzzo può essere tracciato solo da una posizione di partenza accurata.

La LCCG ha lavorato con l’industria per stabilire limiti appropriati per classificare il calcestruzzo in base al carbonio.

È necessario ulteriore lavoro per costruire su questi dati e stabilire un semplice sistema di valutazione per il carbonio nel calcestruzzo.

Il trasferimento delle conoscenze: un passaggio chiave per la filiera del cemento

La tabella di marcia indicata dalla Guida per l’adozione di un calcestruzzo a basse emissioni di carbonio inizia con qualcosa che tutti i membri della filiera possono fare ora, ovvero condividere le conoscenze.

E’ quindi fondamentale diffondere il più possibile le informazioni relative a quello che debba essere un corretto percorso sul sentiero della sostenibilità per il calcestruzzo. In questo caso i soggetti britannici coinvolti spingono la filiera a una diffusione di questo documento, rimarcando che se il Regno Unito vuole raggiungere emissioni nette di carbonio pari a zero entro il 2050, i comportamenti attuali devono cambiare.

Ecco perchè LCCG ha svolto un workshop e un’indagine per comprendere le barriere percepite all’adozione di calcestruzzi a basse emissioni di carbonio; i risultati di questa indagine sono riportati in tutta questa sezione.

L’indagine ha evidenziato l’importanza di codici e standard nell’adozione di tecnologie nuove ed emergenti. Circa l’11% degli intervistati ha citato la mancanza di inclusione negli standard esistenti e l’impatto che ha avuto sui fornitori di garanzia come barriera all’adozione di un calcestruzzo a basse emissioni di carbonio. Nel frattempo, il 31% degli intervistati è d’accordo con il feedback dei produttori sulla difficoltà di introdurre tecnologie a basse emissioni di carbonio, inclusa la mancanza di documenti di valutazione europei (EAD) o valutazioni tecniche europee (ETA).

Una barriera comunemente segnalata, confermata dall’indagine, è un approccio avverso al rischio alla progettazione strutturale.

Tuttavia, questa non è solo responsabilità dell’ingegnere strutturista. Con la collaborazione precoce e la condivisione delle conoscenze all’interno del team di progetto e della catena di fornitura, molte delle barriere percepite ai calcestruzzi a basse emissioni di carbonio possono essere mostrate come tali – percepite – ed essere affrontate con la progettazione strutturale e le strategie di progettazione della miscela di calcestruzzo.

In questa sezione, lo scopo è quello di sfidare alcune di queste percezioni e condividere le linee guida, con l’obiettivo di accelerare l’uso di calcestruzzi a basse emissioni di carbonio, ricordando che non possiamo e dobbiamo non guardare semplicemente all’intensità di carbonio di un cemento da solo: approcci di progettazione alternativi possono produrre un approccio appropriato ma utilizzare un cemento, miscelato o meno, con meno materiale.

Design e specifiche sul calcestruzzo e il suo impiego.

Il documento da delle istruzioni anche sul tema del design del calcestruzzo e della sua prescrizione.

Innanzitutto per ridurre al minimo la CO2 il team di progettazione dovrebbe utilizzare calcestruzzo con la “carbon foot print” più bassa in relazione ai particolari requisiti prestazionali nell’applicazione prevista.

Il design dovrebbe essere ottimizzato per utilizzare i materiali in modo efficiente per ottenere la più bassa CO2.

Per raggiungere questo obiettivo, il team di progettazione dovrebbe adottare le migliori pratiche nella selezione della forma dell’opera delle conseguenti scelte strutturali.

Si dovranno considerare tutti gli aspetti connessi: per esempio individuare la migliore soluzione – in termini sostenibili e non solo strutturali – tra prestazioni del calcestruzzo e dimensione delle strutture, e quindi anche quantità di ferro di armatura, di carpenterie, perdita  di capacità strutturale e durabilità nel tempo, attività di manutenzione ordinaria e straordinaria, uso di materiali di riciclo, fine ciclo di vita …

Prima di iniziare la progettazione dettagliata, il progettista dovrebbe impegnarsi e collaborare con un tecnologo del calcestruzzo, un appaltatore del calcestruzzo e un fornitore di calcestruzzo sui requisiti di costruzione e sulla resistenza minima in servizio associata del calcestruzzo.

Stiamo parlando quindi di un nuovo approccio alla progettazione, in cui ogni figura del processo svolge un ruolo importante.

Un documento completo.

Queste linee guida rappresentano davvero un ottimo supporto per una strategia nazionale sulla decarbonizzazione del calcestruzzo. Non possiamo quindi che consigliarne la lettura.

 

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Si parla molto di Costruzioni ma troppo poco di demolizioni ma questo argomento è destinato ad assumere una importanza sempre maggiore in un’ottica di Economia circolare: Demolire per ricostruire senza consumo di suolo, Demolire selettivamente per il recupero dei materiali etc.

Ma la Demolizione ha bisogno di competenze specifiche che debbano redigere un Progetto, individuare un cronoprogramma, individuare le precise responsabilità dei soggetti, garantire la sicurezza e, ultimo ma non ultimo, ragggiungere il risultato.

Una vera e propria professione che non si improvvisa ma si costruisce passo passo, con teoria e pratica.

In questo articolo, il Collega Maurizio Vicarietti ci fà un efficace escursus della materia, con passaggi ed indicazioni precise ed operative, estremamente utili sia per approcciare la materia che per approfondire alcuni argomenti particolarmente sensibili come quello delle responsabilità e della sicurezza.

 

Livio Izzo

 

 

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La sostenibilità ha un costo che potrebbe essere anche molto alto. Ma la strada è obbligata ed è meglio prepararci.

Nell’articolo allegato è affrontata in dettaglio la profonda trasformazione che la materia “Calcestruzzo” dovrà sostenere ed i costi che la società dovrà accettare.

Riportiamo qui le conclusioni ma la lettura dell’intero articolo è da una parte sconvolgente ma dall’altro è rivelatore e, per il futuro di ciascuno di noi e per prepararci ad affrontare professionalmente il tema, è bene cominciare a calarsi negli aspetti tecnici del problema perchè “LA SOSTENIBILITA’ INIZIA DAL PROGETTO”.

 

Il CdR

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“Per produrre miscele di calcestruzzo economiche e che soddisfino i requisiti metodologici ed i vincoli di costruzione attuali per le nuove infrastrutture, non abbiamo molte opzioni se non quella di massimizzare il volume di aggiunte minerali impiegando miscele binarie, ternarie o perfino quaternarie con esse in combinazione, e con percentuali ridotte di cemento Portland che agisce (quasi) solo da catalizzatore delle reazioni pozzolaniche.

La quantità minima di cemento per produrre miscele con sufficiente resistenza dipende dal tipo di aggiunte minerali con la loppa al primo posto in termini di volume di legante sostituibile, seguita delle ceneri, dal metakaolino e dalla microsilice per citare i prodotti più noti.

Per raggiungere quindi gli obiettivi del 2030 dobbiamo iniziare da subito a massimizzare il dosaggio di aggiunte riducendo il cemento Portland, ma adeguando nel contempo tutto il sistema di progettazione, specifica, accettazione e verifica di un calcestruzzo che sviluppa resistenza più lentamente e necessita di una cura prolungata.

Ma fino a che le specifiche non imporranno un valore massimo di impronta ecologica delle miscele di calcestruzzo così come impongono lavorabilità, resistenza minima ed altri parametri, sarà difficile poter rendere sostenibile l’insostenibile, perché le soluzioni proposte dalle imprese saranno sempre mirate a comprimere i tempi, non a dilatarli, se questi ritardi non gli sono permessi/riconosciuti finanziariamente. Quindi il cambiamento deve arrivare da progettisti e committenti, ed il ruolo del settore pubblico dovrebbe essere, e lo è in alcuni paesi illuminati del Nord Europa, il vero motore trainante del cambiamento.

Prima che il calcestruzzo 2.0 (che non usa più cemento Portland) sia disponibile commercialmente, dovremo invece attendere lunghi processi di standardizzazione e di adeguamento dei codici di progettazione. Questi sono certamente obiettivi a lungo termine (del 2050 ed oltre) mentre già oggi possiamo, con tecnologia basilare, iniziare a ridurre fortemente l’impatto ambientale della filiera iniziando con il cambiare interamente l’approccio con cui impostiamo nuovi progetti. Progetti che devono diventare scientemente più costosi da eseguire, perché rispettosi di certe regole ecologiche che oggi ancora non vogliamo seguire, solo per guadagnare tempo e risparmiare, senza però renderci conto di quello che realmente potrebbe aspettarci in futuro, se non iniziamo a cambiare mentalità…da ieri.

 

Michel di Tommaso

 

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Ad oltre un anno dall’entrata in vigore della L.77/2020 si cominciano a delineare le ricadute dei Superbonus 110% in vari settori, non solo economico, dell’innovazione ma anche di rigenerazione e messa in sicurezza del patrimonio edilizio con conseguenze ambientali e sociali positive.

Per questo e anche per diverse ragioni che portano a considerare tale beneficio più che sostenibile anche in termini di spesa pubblica, ci si augura che il termine di tale incentivo venga prorogato almeno fino a scadenza del PNRR che consentirebbe di avviare un sistematico piano di prevenzione sismica e rinnovamento energetico, generando nel medio e lungo periodo un risparmio per lo Stato, accentuando anche le ricadute positive di cui sopra.

Le analisi e i dati presentati in questo report del CNI rappresentano un primo step di studio suscettibile, più avanti, di ulteriori elaborazioni e revisioni.

 

 

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Avevamo annunciato questo workshop organizzato dalla Commissione Ecologia & Ambiente per opera dei Colleghi Ingg. Livio Izzo, Edoardo Arcaini e Gianfranco Benzoni

L’Economia Circolare dalle parole ai fatti: Aggregati riciclati e artificiali per CLS

ed è stato all’altezza delle promesse: 12 qualificati relatori ci hanno dato uno squarcio più che completo di questo argomento sia sul piano tecnico che tecnologico che normativo che sulla ricerca e sulle applicazioni in atto.

Ecco un documento sintetico delle loro relazioni con allegate le relazioni stesse.

Penso sia ormai common knowledge quanto questo argomento sia centrale nell’ambito della economia circolare in cui stiamo entrando a grandi passi.

 

Il CdR

 

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La Global Footprint Network è una delle organizzazioni più serie ed attive per la raccolta, elaborazione e distribuzione dei dati sull’impatto dell’uomo sulla natura. Il suo Data Base è vasto ed articolato ed attraverso una miriade di connessioni con Istituzioni pubbliche e private, Università e centri di Ricerca raccoglie, elabora e distribuisce informazioni di base o evolute ad altrettanti fruitori privati ed istituzionali.

Ma nella sua missione primaria c’è anche la divulgazione scientifica capillare di tali conoscenze ed, a tale scopo, ha messo a punto un questionario molto simile ad un gioco, la gamification per l’appunto, perchè ciascuno possa calcolare la propria impronta ecologica.

Il nostro mondo attualmente vive molto al di sopra delle proprie possibilità e la produzione di beni e servizi si basa solo in parte sui circuiti virtuosi di coltivazione – produzione – soddisfazione ma in buona parte su un consumo lineare di risorse ormai in esaurimento.

Globalmente consumiamo 1.7 mondi ogni anno con un “overshoot day” al 29/7 cioè il 29/7 finiamo di vivere una vita in equilibrio e viviamo fino a fine anno con un consumo di risorse dalle “riserve” finite mondiali.

Ma questa media è come quella di Trilussa. In realtà ci sono vaste zone del pianeta che consumano meno di quanto producono, e quindi sono “a credito”, e ci sono vaste aree del mondo che consumano non 1.7 volte ma fino a 4, 5 o 6 volte le risorse che producono. Così, p.e., l'”overshoot day” dell’Italia è il 13 Maggio mentre l’Indonesia arriva in equilibrio fino a Natale.

Altro parametro misurato e visualizzato è la Biocapacità cioè la capacità di stare in equilibrio fra risorse prodotte e risorse consumate. Allegata è una mappa del mondo in cui sono evidenziate le aree del mondo “a credito” (verdi) e quelle “a debito” (rosse), da cui di nuovo si evince che alcune zone del mondo vivono di gran lunga al di sopra delle proprie risorse grazie ad altre zone che fanno da “polmone”.

Sono numeri impressionanti che questa organizzazione rende disponibili non solo in forma numerica per gli addetti ai lavori ma anche in forma grafica o di gamification per la fruizione del vasto pubblico e vi assicuro che raggiunge l’obbiettivo …… ed è per questo che lo propongo anche a voi.

 

Livio Izzo

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Veramente entusiasmante e pieno di energia positiva il progetto di transizione ecologica della Commissione Europea.

Non ci sono freddi numeri ma concetti, chiari e precisi, per un processo che vedrà la trasformazione graduale delle nostre economie e delle nostre abitudini con l’obbiettivo della neutralità climatica dell’Europa nel 2050 con lo step intermedio del 2030 che vedrà il 55% degli obbiettivi raggiunti.

Nella sostanza si programma la trasformazione di ogni attività che produce CO2 in attività o che ne producano meno o che, addirittura, la consumino.

Ma il processo non riguarderà più solo i grandi consumatori di energia, come i produttori di acciaio, cemento, elettricità etc. ma riguarderà tutti: dai trasporti su rotaia e gomma fino alle nostre automobili, alle costruzioni fino alle nostre abitazioni.

Tutto ciò che può essere migliorato verrà penalizzato fiscalmente: il sistema ETS (Emissione Trade System), che finora è stato applicato solo ai grandi consumatori di energia, verrà applicato anche alla nostra abitazione, alla nostra auto, agli autobus, agli aerei, alle navi etc. mentre ogni processo ambientalmente migliorativo sarà incentivato, come lo è stato il FV che ha avuto una enorme esplosione negli ultimi 10 anni.

L’economia sarà in equilibrio, dunque, perchè i finanziamenti provengono dai risparmi e gli incentivi verranno dai disincentivi e, se ben gestito, il tutto darà un forte impulso all’economia che si trasformerà completamente come si trasformeranno le nostre abitudini sia personali che professionali.

Sappiamo che già ora siamo in un periodo di forti cambiamenti e forse ci stiamo abituando ad avere punti di riferimento nuovi ma ora ci sarà una forte disontinuità con una forte accelerazione che sposterà anche tutti i nostri riferimenti aziendali: i parametri ecologici diventeranno prevalenti sui parametri monetari, per esempio, e questo orienterà i progetti, le soluzioni, le tecnologie, gli obbiettivi.

Saremo quindi ancora più necessariamente interessati a formarci sulle nuove tecnologie con il rischio di restare rapidamente indietro se non lo facciamo.

Ma, come tutti i processi rivoluzionari, non cruenti, il futuro darà molto spazio alla ns fantasia ed alla nostra creatività perchè dovremo esplorare spazi non ancora battuti e le possibilità di inciampare si moltiplicheranno.

Insomma, possiamo essere contenti di una visione generale così creativa ma ora starà a noi, ad ogni livello, trovare le maniere concrete per ideare e realizzare i progetti con successo: ma penso che da ingegneri potremo solo esserne felici!

Livio Izzo

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Allegato1: Communication from the commission to the european parliament, the council, the european economic and social committee and the committee of the regions – FIT foR 55′: delivering the EU’s 2030 Climate Target on the way to climate neutralitys

 

Allegato2: Sintesi giornalistica di GIT 4 55

 

 

 

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