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Se ci siamo ormai abituati a ragionare su documenti tecnici condivisi su zoom o teams, sicuramente ci abitueremo anche a lavorare direttamente nel Metaverso, DENTRO il modello su cui stiamo discutendo, verificando anche le sensazioni immersive non surrogabili in zoom.

Lo scenario, per ora, è solo immaginario ma le tecnologie ci sono già tutte ed è altamente probabile che divengano di uso corrente in tempi brevi.
Livio Izzo

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Il grande boom dei lavori legati ai Bonus edlizi ha sicuramente riattivato il comparto delle costruzioni, generando però un proliferare di imprese edili spesso non qualificate e non strutturate, o alla circolazione di prodotti non conformi ai requisiti di legge. Su questo e più in generale sul concetto di competenze del professionista, alcune considerazioni dell’Editore Andrea Dari.

L’intervento di Andrea Dari non è di oggi, ma conserva tutta la sua attualità. Si potrebbe aggiungere che i Bonus hanno drogato il mondo dell’edilizia, perché non è stata valutata la qualità e quantità del tonico che doveva sorreggerlo in un periodo di riconosciuta contingenza. L’assenza di un preciso quadro normativo di riferimento, non solo per le imprese costruttrici, con tutti i dubbi e le incertezze che ne sono derivati, non ha aiutato nel finalizzare al meglio le ingenti risorse finanziarie che l’intervento è costato alle casse dello Stato.

M. Bendotti

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Sul n. 3/22 della rivista Inarcassa (distribuito solo questi giorni) c’è l’interessantissimo articolo allegato sulla metrica ESG (Environmental, Social & Governance).

Il tema stava diventando rapidamente un must, nella gestione delle aziende, quando la guerra in Ucraina ha gettato tutti nello scompiglio, rimettendo in discussione tutte le priorità.

Ricordo che la valutazione ESG è nata con l’obbiettivo di dare valore economico alle attività aziendali che coprono questi aspetti. In pratica, valutare il valore di una azienda “senza” o “con” attività o iniziative che ricadano sotto la metrica ESG e poi decidere se intraprenderle o meno.

Purtroppo, spesso anche in buona fede, molte aziende sono entrate in questa logica senza idee molto chiare o a volte consigliate da apprendisti stregoni per cui il vero valore dell’ESG è a volte ideologico o di tendenza piuttosto che realmente economico.

Ma ora tutto è rimescolato dalla guerra.

Sta di fatto che la metrica ESG è solo uno strumento di valutazione e non è il valore in se che, invece, è riferibile a qualunque azienda, priva o munita di valutazione ESG.

Per questa ragione, lo strumento avrebbe tutto il diritto di essere ben compreso e di consolidarsi nell’uso corrente e per questo ritengo che noi ingegneri dovremmo approfondirne la conoscenza per riportarlo nel terreno oggettivo, diciamo scientifico.

Livio Izzo

 

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Venerdì 24/2, nella sede dell’Ordine, abbiamo seguito un corso di Public Speaking.

Il format è stato assolutamente atipico: si è trattato, di fatto, di un workshop, un laboratorio in cui fare degli esercizi, proposti dalla Formatrice, Francesca, ed apprendere direttamente da come li svolgevamo: ciascuno, di fatto, in modo personale e da cui estrapolare considerazioni, esperienze e insegnamenti.

Non ci sono, quindi, i classici “atti” da trasferire anche a chi non c’era ma ci siamo sentiti di provare direttamente noi, i discenti, a tratteggiare quello che abbiamo appreso.

Peraltro abbiamo scoperto lì di avere avuto una Formatrice speciale: una Psicologa, di Professione Attrice e Formatrice. Non potevamo avere insegnante/animatrice più adatta che con gli strumenti della psicologa ha indagato cosa sta dietro alla “performance” e con quelli dell’attrice ha evidenziato caratteristiche e modi per porsi efficacemente al pubblico.

Torniamo all’evento.

Pensiamo ad una qualsiasi delle occasioni che a tutti noi capitano di parlare in pubblico e riflettiamo su cosa possiamo fare, nelle varie fasi, per arrivare ad una presentazione che lasci il segno. Ecco alcuni suggerimenti.

PREPARAZIONE:

CONFRONTARSI con altri per decidere cosa si vuole dire (la storia che si vuole raccontare): dal confronto nascono le diverse idee e si possono esplorare più possibilità, decidendo quali esporre e quali lasciare da parte. Si arriva così a definire in maniera completa la nostra “storia”.

Chi sono i “personaggi” importanti della storia? Ripassare il racconto, ASSUMENDO DIVERSI PUNTI DI VISTA – come ad esempio dei diversi personaggi in gioco – consente di rivedere quali altri elementi fondamentali considerare. Sono ancora gli stessi già individuati?

Si passa così da LA STORIA a LE STORIE!

FARSI DOMANDE: si scopre magari che la storia forse comincia prima e forse finisce dopo le sue stesse delimitazioni. Andiamo così a cercare/avere ulteriori informazioni.

NELL’AZIONE:

  1. NON LEGGERE la storia: meglio approntare uno schema con le PAROLE CHIAVE che ci richiameranno intere parti del discorso. Si può leggere SOLO se si intende citare esattamente un testo o se lo si ritiene necessario nell’economia del discorso.
  2. Trasformare la TRAMA (i fatti) in NARRAZIONE (racconto): appassionarsi a quanto si sta raccontando, accompagnando con gestualità, con toni anche enfatici lo story telling, divertirsi nel racconto… questo suscita attenzione e magari divertimento in chi ci ascolta. Sicuramente empatia. Insomma BUTTARSI, mettersi in gioco!
  3. ESSERE CREATIVI, usare la fantasia: contestualizzare il discorso, introdurre, usare espedienti narrativi che catturino l’attenzione. (Dal confronto con altri si possono avere diversi esempi di espedienti narrativi). Usare toni che introducono “presagi” e “indicazioni” su come evolverà il discorso (abbassare il tono di voce o renderlo sonoro: in pratica “MODULARE” il racconto senza cadere nel noioso e controproducente monotòno).
  4. CONOSCERE IL PROPRIO TARGET: per proporsi in modo coinvolgente per l’uditorio. Fare agganci con la realtà e la quotidianità, raccontare aneddoti, fare collegamenti a luoghi, persone, situazioni riconoscibili.
  5. POSTURA: rilassata ma non troppo. Stare pronti (come un pistolero) perché si deve essere vigili e attenti anche a cosa accade all’uditorio o in caso di domande inattese.

La gestualità deve essere di APERTURA verso l’uditorio, non di chiusura (niente braccia conserte). Guardare gli uditori. Entrare in contatto anche visivo con loro.

  1. ERRORI: capita! Trasformarli in un’occasione di divertimento, che crea coinvolgimento e rompe il ghiaccio.
  2. PAUSE/SILENZI: cambiare il ritmo e/o il tono della narrazione tiene viva l’attenzione. Cambiare tono crea senso di sospensione, cambio di scenario, introduce in altri contesti.
  3. Trasferire EMOZIONI con le nostre parole! Essere entusiasti, divertiti, ironici,… porta sullo stesso piano l’umore di chi ascolta e non annoia. Anzi tiene desta l’attenzione. In fondo chi è presente vuole solo che il suo tempo passi nel migliore dei modi.
  4. FOCUS SU CHI ASCOLTA: l’attenzione deve essere rivolta a chi ascolta. Non dobbiamo sentirla su di noi che parliamo. Non dobbiamo sentirci sotto giudizio.
  5. PORTARE le persone DOVE SIAMO NOI…far loro immaginare quello che vediamo noi.

Mediante un percorso in cui a ciascuno è stato chiesto di svolgere compiti simili, e ognuno lo ha assolto a modo suo, con le sue peculiarità, abbiamo potuto stupirci degli innumerevoli modi in cui uno stesso argomento può essere raccontato e personalizzato, facendone tesoro.

Nell’esporci agli altri, ogni particolarità espositiva utile è stata individuata e portata all’attenzione di tutti, estrapolando così la teoria dalla sperimentazione pratica, con metodo induttivo, portando solo in seconda battuta a definire, spiegare e incorniciare la specifica tecnica utilizzata.

Insomma, è stata una esperienza coinvolgente ed entusiasmante e, francamente, MOLTO ISTRUTTIVA, in quanto disegnata e applicata a ciascuno dei presenti, a partire dalla propria specifica dimensione di partenza.

Solo dopo aver scritto quest’ultima frase ci sentiamo di potervi anche dire quali sono state le due storie scelte per l’esercitazione: Biancaneve e Cappuccetto Rosso.

Per chi è interessato all’argomento suggeriamo di iscriversi alla newsletter della Dott.ssa Francesca BENI e/o di leggere gli spunti sul suo BLOG e/o leggere i libri da lei suggeriti:

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Renata Gritti e Livio Izzo

 

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Il ransomware è diventato uno dei crimini informatici più diffusi negli ultimi anni. Questo tipo di attacco consiste nel criptare i dati di un’organizzazione o di un individuo bloccandone così l’accesso per poi richiedere un riscatto per ripristinarlo.

La domanda che molti si pongono dopo essere stati vittime di un attacco ransomware è: “dovrei pagare il riscatto per ripristinare i miei dati?” Sebbene la maggior parte degli esperti di sicurezza informatica, compreso lo scrivente, consigli di NON PAGARE il riscatto, ci sono situazioni in cui potrebbe essere la migliore opzione per l’utente colpito. La risposta a questa domanda è quindi complessa e dipende dalle circostanze specifiche di ogni attacco.

In primo luogo, è importante comprendere che pagare il riscatto non garantisce necessariamente il ripristino dei dati. Con i criminali informatici che di solito conducono attacchi ransomware, anche se si paga il riscatto, non ci sono garanzie che forniscano la chiave per decrittare i dati poiché non hanno alcun obbligo (e non vi alcun modo di obbligarli) a fornire il codice di decrittazione una volta che il pagamento è stato effettuato. Anzi, in alcuni casi, possono addirittura chiedere un secondo pagamento o cercare di estorcere ulteriori fondi.

Inoltre, pagare il riscatto incoraggia a continuare a perpetrare questi attacchi. Se più organizzazioni e individui pagano, il ransomware diventa un’attività molto redditizia e quindi aumenta il rischio di futuri attacchi. Il pagamento del riscatto infatti potrebbe essere visto come una violazione dell’etica e dei valori dell’azienda o dell’organizzazione colpita. Potrebbe anche incoraggiare altri a violare la sicurezza dell’azienda, sapendo che l’azienda è disposta a pagare per ripristinare i dati.

C’è anche un rischio per la privacy e la sicurezza dei dati. Pagare il riscatto potrebbe mettere a rischio i dati sensibili dell’organizzazione o dell’individuo, poiché i criminali informatici potrebbero utilizzare l’occasione per raccogliere informazioni sensibili o compromettere ulteriormente il sistema.

In generale, tutte le agenzie di Sicurezza Informatica, a ragione, consigliano di non pagare il riscatto in caso di attacco ransomware. Ogni caso è comunque diverso e le organizzazioni o gli individui colpiti devono prendere in considerazione la gravità dell’attacco e la disponibilità di altre opzioni specialmente se un’azienda o un’organizzazione dipende fortemente dai dati per le proprie attività quotidiane e il ripristino rapido dei dati è essenziale.

Ad esempio, se i dati critici sono stati crittografati e non sono disponibili backup affidabili, potrebbe essere necessario valutare l’opzione di pagare il riscatto per ripristinare i dati. Tuttavia, è importante valutare attentamente questa opzione e cercare altre alternative prima di optare per il pagamento.

In conclusione, un ‘attacco ransomware può avere conseguenze disastrose per le organizzazioni o gli individui coinvolti e pagare il riscatto NON E’ MAI la soluzione migliore. Purtroppo, ci sono situazioni in cui il ripristino rapido dei dati è essenziale e il pagamento del riscatto potrebbe essere l’unica opzione È importante valutare attentamente tutte le opzioni disponibili e cercare assistenza da professionisti della Sicurezza Informatica. In ogni caso, le organizzazioni dovrebbero pianificare in anticipo la risposta a un attacco ransomware, includendo protocolli di sicurezza, backup regolari dei dati e piani di ripristino che costituiscono, ad oggi, gli unici strumenti validi a disposizione per il ripristino dei sistemi compromessi.

 

 

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L’Associazione Attività̀ Aggregative Ingegneri Bergamo – Sport e Cultura, promotrice di vari eventi culturali e sportivi per gli iscritti all’Ordine (e non), nell’ambito dell’evento “Bergamo e Brescia Capitale della Cultura 2023”, ha organizzato, per il prossimo 31 Marzo, una visita guidata alla GAMeC (Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea – Via San Tomaso, 53 Bergamo) per la mostra “SALTO NEL VUOTO Arte al di là della Materia”. Tutti i dettagli nella presentazione dell’evento curata dall’Associazione.

 

Anna Manzoni

 

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Data Retention… di cosa si tratta? Quali sono le richieste normative e quali le problematiche?

dall’articolo si evince che il vero problema alla base di questa tematica concerne la difficoltà di provvedere alla cd “cancellazione mirata”.

Non appare affatto agevole riuscire ad identificare cosa cancellare/distruggere; cancellare in modo mirato è, talvolta, assai complicato. Si pensi ad esempio, all’ipotesi di backup contenenti dati/informazioni che di fatto sono “congelati” ed, in quanto tale, restano ad libitum.

L’opportunità di basarsi su criteri che non sono ufficiali, ma dettati da anni di esperienza e ragionevole buon senso, da un lato evidenziano il perché non sia possibile generalizzare per casi specifici in quanto innumerevoli sono le variabili, dall’altro dimostrano come siano una ulteriore misura di accountabilty attraverso la quale il Titolare “…chiede all’interessato di dargli fiducia”.

Questa è la (nuova) data protection di cui la data retention è, senz’altro, uno degli elementi fondanti.

 

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Ormai da diversi anni molti di noi si interrogano su quale dovrà essere il futuro del sistema ordinistico, in particolare quello che regola gli ingegneri italiani. Ci domandiamo come strutturare l’attività degli Ordini in modo che possano rispondere al meglio alle esigenze degli iscritti, in un mondo contemporaneo che procede ad altissima velocità e che determina continui cambiamenti. Volgiamo, insomma, lo sguardo in avanti. Tuttavia, nel fare questo non possiamo ignorare gli avvenimenti del passato. Non possiamo, ad esempio, evitare di chiederci perché, ad un certo punto, gli ingegneri italiani avvertirono l’esigenza di creare un loro Albo e quali e quante battaglie politiche dovettero affrontare per raggiungere i loro obiettivi. Come e perché si arrivò alla creazione del Consiglio Nazionale degli Ingegneri e ai Consigli delle altre professioni. Quali sfide si ponevano allora gli ingegneri italiani e cosa fecero concretamente per vincerle. Quali sono state, nel corso degli ultimi cento anni, le maggiori esigenze degli iscritti all’Albo, cosa è stato fatto per soddisfarle e quali analogie si riscontrano con la realtà contemporanea. La risposta a queste ed altre domande offre, a chi è chiamato ad assumere la responsabilità del governo del sistema ordinistico, importanti elementi per comprendere quali potranno essere le migliori strategie per affrontare le prossime sfide della categoria.

Per questo motivo il Consiglio Nazionale ha avviato da tempo iniziative per assicurare alla categoria la conoscenza, anche critica, del proprio passato, soprattutto sugli aspetti “politici”, che coinvolgono spesso l’attività di altre associazioni ed organizzazioni degli ingegneri, ma anche di altre professioni. Il lavoro svolto è stato notevole, avviato alcuni anni fa chiedendo agli Ordini ed agli iscritti, alle associazioni di categoria, alle università, etc., documenti, libri, giornali, riviste, fotografie, per acquisire quelle informazioni necessarie per avere un quadro complessivo di quanto avvenuto a partire dalla fine dell’800. In questa logica l’impegno si è concretizzato anche nella costituzione della Biblioteca del Consiglio Nazionale, finalizzata soprattutto a raccogliere documenti su temi politici ed istituzionali più che tecnico-scientifici, e la collaborazione con l’AISI (Associazione Italiana di Storia dell’Ingegneria, nata nel 2004) che, a partire dal 2006, ha organizzato con cadenza biennale il Congresso Internazionale di Storia dell’Ingegneria, che, curato dal Prof. Ing. Salvatore D’Agostino, collega esperto ed CONSIGLIO NAZIONALE DEGLI INGEGNERI Protocollo U-ss/4914/2022 del 20/05/2022 appassionato cultore della materia, ha prodotto tantissimi documenti e studi, raccolti in splendidi volumi.

A coronamento di questa attività, è nata la decisione di pubblicare la Storia degli Organi di Rappresentanza Istituzionale degli Ingegneri, che abbiamo intitolato “Ingegneri e Rappresentanza”. Scritta da Antonio Felici, con la collaborazione e la prefazione del Presidente Armando Zambrano, l’opera, articolata in 3 volumi, partendo dal lungo percorso che portò alla creazione dell’Albo, ricostruisce in maniera analitica l’attività del massimo organismo di autogoverno della categoria degli ingegneri italiani. Nel primo volume, in particolare, sono ricostruiti tutti i tentativi di creare un organo unitario di rappresentanza degli ingegneri italiani a partire dal 1875, fino al raggiungimento del complicato traguardo con la legge istitutiva del 1923. Dopo l’analisi del periodo fascista, nel corso del quale la tenuta dell’Albo fu appannaggio dei Sindacati e i previsti meccanismi di autogoverno della categoria furono congelati, l’opera prosegue con la ricostruzione storica della nascita del CNI e con l’analisi sistematica della sua attività fino ai tempi recenti, attraverso l’approfondimento specifico delle singole consiliature. Il libro, inoltre, analizza in dettaglio l’andamento di tutti i Congressi Nazionali organizzati dal 1948. Sono presenti, inoltre, numerosi box di approfondimento dedicati alla descrizione degli scenari politici per ciascun periodo di riferimento e all’approfondimento di temi e progetti di particolare rilievo.

L’opera, infine, contiene una corposa raccolta di documenti pubblicati in appendice. Pertanto, nei prossimi giorni il CNI provvederà ad inviare copie della pubblicazione agli Ordini territoriali ed alle Federazioni. Altre copie saranno inviate alle altre professioni ed a importanti rappresentanti istituzionali. In allegato a questa circolare, inoltre, inviamo copia dell’opuscolo distribuito in occasione della celebrazione del recente convegno di Storia dell’Ingegneria, tenutosi lo scorso 16 maggio a Napoli, e giunto alla 9a edizione, che affronta in maniera sintetica il tema “Ingegneria e rappresentanza” e che è stato oggetto della relazione presentata dal Presidente Armando Zambrano.

Infine, è intenzione del Consiglio presentare l’opera in occasione di un convegno specifico cui saranno invitati i rappresentanti degli Ordini Territoriali, delle Federazioni e Consulte e di importanti istituzioni nazionali.

 

IL CONSIGLIERE SEGRETARIO

(Ing. Angelo Valsecchi)

IL PRESIDENTE

(Ing. Armando Zambrano)

 

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Seguendone il progresso dell’iter di adozione, il CEN-CENELEC ha preparato un’analisi del progetto di revisione del Regolamento sui prodotti da costruzione che ha reso disponibile agli Organi Tecnici del CEN ed al mercato europeo.

Alleghiamo il documento del CEN-CENELEC in originale ma sintetizziamo brevemente i contenuti salienti del Progetto della Commissione Europea.

La Proposta (allegata), presentata formalmente il 30-03-2022 dopo alcuni anni di gestazione a seguito della sentenza James Elliot del 2016

https://ingegneribergamo.online/nelleuropa-della-marcatura-ce-e-in-corso-una-rivoluzione-del-quadro-di-riferimento/, mira a realizzare un mercato unico dei prodotti da costruzione ben funzionante e contribuire agli obiettivi della transizione verde e digitale, in particolare quella moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva.

Prima di tutto l’ambito della proposta di Revisione del CPR è stato esteso rispetto all’attuale. La proposta si applica ai seguenti prodotti:

  • Prodotti da costruzione
  • Prodotti e servizi relativi alla stampa 3D
  • prodotti da costruzione fabbricati in cantiere per l’immediata incorporazione in opere edili, senza separata azione commerciale per l’immissione sul mercato;
  • Parti chiave o materiali se richiesto dal produttore;
  • kit o assiemi, la cui composizione è specificata e disciplinata da specifiche tecniche armonizzate;
  • case unifamiliari prefabbricate di superficie calpestabile inferiore a 180 mq ad un piano o di superficie calpestabile inferiore a 100 mq su due piani.

In merito ai contenuti tecnici copribili dalla marcatura CE, questi vengono ampliati moltissimo e ripartiti in due gruppi principali:

1)            Le caratteristiche Essenziali e le Prescrizioni Tecniche (Annesso I parte A) sia in merito alle esigenze costruttive che ambientali;

2)            Le caratteristiche connesse al funzionamento appropriato ed alle prestazioni dei prodotti (Annesso I parti B, C e D).

Le prime saranno obbligatorie e saranno certificate da una Dichiarazione di Conformità.

Le seconde saranno facoltative e saranno certificate da una Dichiarazione di Prestazione.

La marcatura CE testimonierà almeno una delle due dichiarazioni.

Il documento presenta anche una analisi SWOT del Progetto, una disamina dell’analisi critica della situazione attuale ed una schematizzazione anche grafica della Proposta.

 

Livio Izzo

Referente del Consiglio c/o CdR

 

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La domanda che (si) fa la Collega Michela Bendotti è cruciale.

Ma spesso ce la facciamo solo in termini di produttività: come sinonimo di “potrei produrre di più se mi organizzassi meglio?”

Poco spesso come sinonimo di: “sarei meno stressato se mi organizzassi meglio?”

Naturalmente sono valide entrambe e la riflessione proposta è opportuna perchè ci aiuta a venire in contatto con le nostre risposte….

 

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