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Si parla sempre più spesso di andare nel cloud e di quali vantaggi ci siano nell’essere tra le nuvole, ma pochi avrebbero pensato di farlo in un periodo di emergenza come quello in cui ci siamo trovati non troppi mesi fa.
Eppure la volontà e la visione dei colleghi dell’Ordine che hanno creduto in questo progetto ci hanno fatto letteralmente “decollare”, in pochi mesi siamo passati da una infrastuttura che il suo tempo l’aveva fatto da un bel po’ ad una completamente rinnovata e che potrebbe essere d’esempio per altre realtà come la nostra.
Non è stato semplice ma in questo articolo ci sono tutti gli elementi per capire come questa cosa è stata possibile con i punti di vista dei principali attori di questo epocale cambiamento.

Buona lettura.

Ing. Alberto Bonacina

 

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Il_Giornale_dellIngegnere_n._7_settembre_2020_Edizione_Lombardia_BG

 

 

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La rotonda di San Tomè, situata ad Almenno San Bartolomeo, è uno dei tesori del romanico degli Almenno. Con la sua bellezza e sobrietà è una delle ricchezze architettoniche della provincia di Bergamo e sicuramente la più singolare e famosa opera romanica per l’impianto architettonico. S. Giorgio, in posizione isolata, in aperta campagna è la più grande chiesa romanica della Diocesi di Bergamo dopo la basilica di S Maria Maggiore. S. Nicola, ex-convento agostiniano con una bellissima chiesa conventuale 400esca dal corredo iconografico di altissimo profilo (affreschi di Boselli, tele di Cifrondi, Previtali, Bassano).

Ing. Manuel Ravasio

 

 

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Negli anni scorsi, tutti abbiamo visto i cantieri delle due ex caserme di Bergamo dall’esterno ma era difficile immaginare il grande regalo in serbo per la città! Ritrovamenti di diverse epoche, direi di tutte le epoche storiche e preistoriche, maneggiate con cura e professionalità, hanno permesso una ricostruzione meticolosa non solo di questa area ma, attraverso di essa, di una gran parte della storia e della preistoria di Bergamo.
Un grande insegnamento reso fruibile, a tutti noi, per merito di una iniziativa editoriale, distribuita liberamente alla cittadinanza e qui allegata, da cui veramente tanto si può trarre ciascuno per la propria disciplina di riferimento: urbanistica, geologica, archeologica, di rilievo con moderne tecnologie, progettuale, di demolizione senza impatto sulla città, di sicurezza nei cantieri etc.

E’ con questo spirito che ho pensato di portarla in evidenza a tutti voi, Colleghi, con l’auspicio che possiate provare emozioni da questa lettura come è successo a me.

Buona lettura!

Ing. Livio Izzo

 

 

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La collaborazione fra medici e ingegneri è nata negli anni 60-70 per lo sviluppo degli organi artificiali e della macchina cuore polmone. La Bioingegneria data di quel periodo e si è evoluta con l’utilizzo dell’informatica a sostegno delle problematiche mediche. La realizzazione delle apparecchiature necessarie ha fatto sorgere vere e proprie industrie biomediche.
L’Università italiana, per far fronte a questa specifica necessità, ha istituito la laurea in Ingegneria Biomedica e, presso l’Università di Bergamo, si tiene il corso di “Ingegneria delle tecnologie per la salute”.
Questi corsi hanno il preciso scopo di affiancare sempre più medici e ingegneri per aumentare l’efficienza di un servizio fondamentale, come quello che riguarda la salute dei cittadini, e, cosa niente affatto secondaria, utilizzare al meglio le risorse economiche a disposizione dello stesso. Inoltre, non a caso, impiantistica, apparecchiature e gestione dei servizi informatici, sono problematiche riconosciute dagli Ospedali come competenza professionale degli ingegneri.
Tanto più fondamentale diventa il contributo del sapere ingegneristico, come ricorda il professor Remuzzi nell’ultima parte del suo articolo, allo scoppio di pandemie, come la tristemente famosa Covid-19, che impongono radicali e repentini cambiamenti nella gestione del Sistema Sanitario, sia pubblico che privato.

Autore Ing. Andrea Remuzzi

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E’ un binomio che sembrerebbe perfetto per spingere verso quella salvaguardia ambientale che è nella speranza e nella attesa di molti. Ma le cose non sono così semplici perché la scienza e la ricerca che la nutre non è fatta di semplificazioni ma di studi verificati e confrontabili. Molto si è discusso e si sta discutendo su quale correlazione ci può essere fra l’inquinamento da particolato (specialmente il PM2,5 ovvero le particelle sotto i 2,5 micron) e la diffusione di questo malefico virus che risponde al nome di Covid 19 e che visto in foto assomiglia a una mina marina colorata.
Riassumiamo i termini della questione, esistono due approcci e quindi due riposte ad oggi possibili. Il primo approccio è quello clinico sulla evoluzione della malattia una volta contratta. L’esposizione allo smog ha, come noto, effetti negativi sulla salute generale, rendendo più fragili e aumentando la prevalenza di patologie cardiovascolari, metaboliche e respiratorie, accrescendo così la quota di soggetti con un rischio più elevato di conseguenze peggiori in caso di contagio, quando l’organismo è più compromesso, i danni sono maggiori. E’ un dato di fatto che il particolato possa sostenere una risposta infiammatoria a livello polmonare, SARS-CoV2 sembra sostenere un meccanismo analogo, inducendo la rapida insorgenza di uno stato di infiammazione, con un incremento altrettanto rapido di citochine infiammatorie causa delle difficoltà respiratorie. Quindi una esposizione ad atmosfere inquinate nel medio e lungo periodo può essere un fattore aggravante di rischio come del resto lo è, come noto, il fumo di sigaretta che aumenta il rischio di infezioni acute delle basse vie respiratorie.

Quindi se questo approccio è largamente accettato e condiviso più controverso anzi ancora non dimostrato è il secondo approccio, quello che cerca un legame diretto infettivo fra particolato fine e contagio, perché, come afferma il prof. Caserini del Politecnico di Milano nel suo blog Climalteranti, “Due vaghi indizi non fanno una prova”.
Il primo indizio è stato portato dalla SIMA (Società Italiana di Medicina Ambientale) che propone in un position paper pubblicato sul loro sito web a metà marzo, l’esistenza di una relazione diretta tra “tra il numero di casi di COVID-19 e lo stato di inquinamento da PM10 dei territori”,sostenendo quindi che una elevata concentrazione di PM10 in atmosfera possa essere un “amplificatore” della diffusione del Coronavirus (e non – si badi bene – dei suoi effetti, ad esempio una maggiore mortalità). La prova sarebbe una “correlazione forte” che gli autori avrebbero trovato fra il numero dei superamenti del limite giornaliero delle concentrazioni di PM10 e il numero di contagiati. Il position paper della SIMA si spinge addirittura a ipotizzare che mentre nelle regioni meridionali italiane (meno inquinate) il modello prevalente di trasmissione virale avviene per contatto fra persone, nelle regioni del Nord Italia maggiormente inquinate a questa modalità si aggiungerebbe l’infezione attraverso il contatto con il “particolato infetto”. L’indizio è debole e deve trovare altre conferme che non sono arrivate, la evidenza dell’evolversi del contagio in altre parti del mondo ha evidenziato come la diffusione della malattia non sia correlata a zone ad alto inquinamento (se non per quanto detto sopra) ma fondamentalmente dai fattori umani di vicinanza, spostamenti da e per l’estero e luoghi di lavoro a stretto contatto e quindi di trasmissione via areosol emesso dalla respirazione dei soggetti ammalati o comunque positivi al virus.

Un secondo indizio è quello del Comunicato stampa del 24 aprile “Presenza di Coronavirus sul particolato atmosferico: possibile “indicatore” precoce di future recidive dell’epidemia da COVID-19”, che si basa, anche in questa circostanza, su un lavoro non pubblicato. Qui gli stessi autori del position paper annunciano di aver trovato tracce di RNA virale SARS-CoV-2 nel PM10 atmosferico prelevato in alcune zone di Bergamo e si spingono a ipotizzare l’uso di questa scoperta come importante ai fini delle misure di gestione della fase 2 dell’epidemia COVID-19. Al riguardo riporto quanto replicato dal prof. Caserini, “la presenza di tracce di virus nel particolato non è affatto una novità, visto che si studiano anche le tracce di virus di tanti millenni or sono presenti nelle carote di ghiaccio. Ma, ovviamente, non si tratta di virus attivi, in grado di essere infettivi. Sono, appunto frammenti, tracce che possono indicare la presenza di virus infettante, ma non la dimostrano, come spiegato in seguito. Quand’anche venisse confermata in altri studi la presenza di virus ancora attivi sul particolato, questo non comporterebbe la sua infettività. In prima battuta, perché dopo poche ore un virus, in assenza di un ospite da colonizzare e nelle cui cellule replicarsi, non può continuare ad esistere come entità biologica. In seconda battuta, per infettare non bastano uno o pochi virus ma deve esserci una definita carica virale sotto la quale non vi è infezione.”
La materia comunque è complessa e merita comunque attenzione, osserva Sergio Harari, direttore Unità Operativa Pneumologia, Ospedale San Giuseppe di Milano, “SarsCov2 viene trasmesso soprattutto tramite le goccioline respiratorie di una persona infetta; il contagio da superfici infette è più raro, mentre alcune indicazioni suggeriscono che il virus possa rimanere infettivo nell’aerosol di un ambiente chiuso. Invece, l’ipotesi che il particolato atmosferico possa ‘trasportare’ il virus e quindi contribuire a diffonderlo per via aerea non sembra plausibile: il particolato può veicolare particelle biologiche come batteri, spore, pollini e anche virus, ma appare improbabile che i Coronavirus possano mantenere intatte caratteristiche e proprietà infettive dopo una permanenza più o meno prolungata all’esterno perché temperatura, essiccamento e raggi UV danneggiano l’involucro del virus e quindi la sua capacità di infettare. Perciò un legame fra le fluttuazioni giornaliere del particolato e l’incidenza dei contagi non è ad oggi confermata né plausibile”.

Chiudo con le conclusioni del Prof. Caserini, “di motivi per ridurre le emissioni di particolato, o di gas climalteranti, ce ne sono già fin troppi; a prescindere dall’epidemia di COVID-19 dobbiamo ridurre l’inquinamento dell’aria e contrastare drasticamente il riscaldamento globale. Non occorrono teorie – non ancora dimostrate – che mostrino altri possibili pericoli legati al particolato, e che rischiano di contribuire solo alla confusione nella comunicazione di materie complesse, in un momento in cui sarebbe più utile che gli scienziati parlassero in modo chiaro, responsabile ed efficace. Una raccomandazione utile in questa epidemia è piuttosto quella di stare all’aria aperta, perché non fa male, e se si sta in ambienti chiusi occorre far circolare l’aria aprendo le finestre”.

Autore: Ing. Gianfranco Benzoni

Di seguito l’Articolo integrale del prof. Casarini et altri

ARTICOLO Inquinamento e Covid due vaghi indizi non fanno una prova

LINK:  https://www.scienzainrete.it/articolo/inquinamento-e-covid-due-vaghi-indizi-non-fanno-prova/stefano-caserini-cinzia-perrino

 

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Questo articolo tratta delle Travi PREM, un elemento strutturale originale, brevettato originariamente nel lontano 1964 in Italia e preso in considerazione dalle Norme Tecniche italiane solo nell’edizione del 2008, sebbene milioni e milioni di metri siano stati posati in migliaia di cantieri negli ultimi 56 anni.

Il 18 settembre 2009, con “Prot. 116/09 dell’Assemblea Generale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici”,  sono state approvate le Linee guida per l’uso di travi tralicciate incorporate nel getto di calcestruzzo e le procedure per la loro accettazione e per le applicazioni strutturali, secondo le disposizioni dei punti 4.6 e 11.1 del DM 14/01/2008. Questo documento distingue tre categorie di travi: a) miste acciaio calcestruzzo; b) calcestruzzo armato; c) con comportamento ibrido.

Il presente articolo ha lo scopo di mostrare come la grande varietà di morfologie esistenti sul mercato italiano prima delle NTC 2008, tutte riferibili alla categoria c), dopo la pubblicazione delle Linee Guida sono tornate rapidamente alle categorie a) e b) con un’unica eccezione in tutto il panorama nazionale. In particolare, il documento riassume i percorsi seguiti nonché le implicazioni morfologiche, materiche, produttive e di calcolo oltre all’efficienza delle morfologie risultanti con uno sguardo ai possibili sviluppi futuri e come questa tendenza continui anche dopo che il DM 17/01/2018 di aggiornamento al DM del 2008 è stato pubblicato.

Gli autori hanno approfondito grandemente le loro conoscenze, su questa tipologia strutturale, nell’arco delle due ricerche nazionali coordinate degli anni 2006-2010, coordinate da Assoprem, cui aderivano il 90% dei produttori nazionali, ed eseguite in dieci centri di ricerca distribuiti sul territorio nazionale con la collaborazione di ben 20 Università italiane.

Plizzari – Minelli – Izzo

 

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Plizzari_Minelli_Izzo

 

 

 

 

 

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La possibilità di poter essere di aiuto agli operatori sanitari impegnati sul campo che proveniva dall’impiego di un supporto di ventilazione ai pazienti sub-intensivi affetti da Covid-19 con l’utilizzo modificato della maschera da snorkeling della ditta Decathlon modello Easybreath 1 ha fatto sì che un gruppo di amici, imprenditori e professionisti bergamaschi, guidati da Carlo Pedrali, unitamente all’UCID Monza e Brianza, con presidente Aldo Fumagalli, dessero vita al progetto “Easy Covid-19 Mille respiri per Bergamo e Monza Brianza

Autore: Ing. Umberto Noris

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Si, parliamo di una di quelle garanzie salienti di una polizza di RC professionale, la POSTUMA (o Ultrattività o Maggior Termine per la notifica delle Richieste di Risarcimento); tale garanzia mantiene in copertura le eventuali richieste di risarcimento che dovessero pervenire al professionista (o ai suoi eredi) successivamente alla cessazione dell’attività professionale dell’assicurato (volontaria o a causa di decesso avvenuto durante il periodo di validità del contratto stesso). Ed è bene guardarci dentro….. per non avere sorprese.

Autore: Ing. Michela Bendotti

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Ristrutturazione di un ex Opificio con demolizione totale e ricostruzione con rimodellazione volumetrica per la realizzazione di una Villa urbana eco-sostenibile, antisismica, a bilancio energetico zero e senza consumo di suolo.

Autore: Ing. Alberto Bianchi

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Chi si affaccia per la prima volta al Festival autunnale di Bergamo Scienza non può che rimanere letteralmente a bocca aperta! Tanti sono l’energia e l’entusiasmo che sprizzano da tutti i pori delle migliaia e migliaia di volontari che ruotano attorno a questa manifestazione che, nell’arco di quindici giorni, fa toccare tutti i punti di confine fra Scienza e futuro, scoprendo spesso che ciò che per noi è ancora futuro, in qualche realtà del mondo o in qualche laboratorio vicino casa è già realtà.

E’ per questo che la collaborazione fra Bergamo Scienza e l’Ordine degli Ingegneri di Bergamo è così di lunga data e così strettamente collaborativo: veramente non potrebbe essere altrimenti!

 

Piergiuseppe Cassone e Livio Izzo

 

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LOMBARDIA_BERGAMO_II

 

 

 

 

 

 

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