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In questo articolo il collega Menapace parte con l’analizzare il significato di innovazione così come definito dalla norma UNI EN ISO 56000:2021 “Gestione dell’innovazione – Fondamenti e vocabolario”.

Viene evidenziato come l’innovazione, indipendentemente  dall’ “entità” oggetto stessa dell’innovazione (processo, prodotto, servizio, organizzazione, metodo, modello di business …),  si fondi essenzialmente, oltre che sul grado di novità (considerato dal punto di vista spaziale, temporale e culturale) e sul suo impatto (che distingue l’innovazione in incrementale, radicale o dirompente), soprattutto sulla capacità di generare  “valore” in qualunque modo esso sia misurato.

Portando l’attenzione al settore delle costruzioni (che vale il 13% del PIL mondiale) ed alla serie di problemi che lo affliggono ritardandone rispetto ad altri settori lo sviluppo, Menapace giunge ad evidenziare come la creazione di valore ancor più che sulla creatività e sulla ricerca si debba fondare sulla strutturazione di un “sistema” che assicuri la corretta armonizzazione di tutti i processi e  le attività in modo integrato e correlato  al fine di massimizzare le opportunità di successo delle stesse iniziative di innovazione in maniera sistematica, come proposto dalla UNI EN ISO 56002:2021.

La chiave di svolta sarà poi, sempre secondo Menapace, estendere quest’approccio dal sistema della singola organizzazione a tutta la filiera delle costruzioni per creare un vero e proprio ecosistema dell’innovazione.

Mi fa piacere ricordare il corso organizzato nello scorso gennaio con il collega Menapace dall’Ordine degli Ingegneri di Bergamo e di Trento insieme alla Rete Edinnova ed al Consorzio Habitech, organizzazioni nate proprio affinché la realizzazione di un ecosistema di innovazione nel settore dell’edilizia e delle costruzioni non rimanga una mera utopia.

Ing. Piergiuseppe Cassone

 

Rappresentante della Delegazione Italiana

presso ISO/TC 279 e Coordinatore del

Gruppo di Lavoro  UNI/CT 016/GL 89

 

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articolo

 

 

 

 

 

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Non se ne parla molto ma il recente massiccio aumento dei prezzi dei materiali e della elettricità proviene, indirettamente e paradossalmente, da un meccanismo nato per spingere l’efficienza e la decarbonizzazione dell’Industria, L’ETS (Emission Trading System), ma direttamente dalla speculazione finanziaria che ci si è appoggiata sopra.

In allegato proponiamo lo studio definitivo NOMISMA ENERGIA, commissionato attraverso Confindustria dai principali player del settore Hard To Abate, sulle Dinamiche dei prezzi delle EUA (European Union Alllowances, cioè i diritti di emissione), sul contrasto alla speculazione,sull’ efficienza del mercato e sui costi per l’industria italiana.

Il rapporto presenta dapprima un inquadramento generale del funzionamento del sistema ETS (assegnazioni e aste), perchè tutti possano capirne il meccanismo e le implicazioni sulla nostra economia, e poi svolge un’analisi prima finanziaria e poi statistica volta ad evidenziare il ruolo della speculazione e i problemi di efficienza insiti nel meccanismo delle aste.

L’ETS prevede la gestione regolata di quote di emissione di CO2 da parte delle imprese ed è stata implementata, nel 2005, a seguito degli accordi di Kyoto.

Ha funzionato egregiamente per una quindicina di anni fino a quando la speculazione finanziaria ha iniziato a scommettere sui rialzi futuri, determinando un conseguente aumento delle quote attuali, anche del 100%, e portando i costi a non poter essere sopportati se non alzando i prezzi dei materiali energy intensive.

Tutto questo è causa dei recenti repentini e macrospopici rialzi dei prezzi di materiali come l’acciaio ed il cemento che sono al contempo energivori e produttori diretti ed indiretti di CO2.

Specifico che il documento allegato è di una completezza e chiarezza estremi, basato prevalentemente su immagini e relative didascalie  e si scorre in non più di mezz’ora.

 

Livio Izzo

 

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NE_NOMISMA_ENERGIA_ETS_ENERGY_INTENSIVE_20210514

 

 

 

 

 

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In questo articolo, Andrea Dari fà una analisi lucida, istruttiva ma anche spietata dei problemi sull’ambiente, in particolare dalla produzione di CO2, e delle guerre commerciali in corso.

Ma non si limita a denunciarne la dimensione e l’impatto sulla vita economica di tutti noi ma indica anche i percorsi principali per uscirne.

Nell’abstract un estratto significativo del tema.

Nell’allegato, l’articolo completo.

Da non specialista, l’articolo mi ha affascinato: dà una informazione e visione globale del tema come non ero ancora riuscito a ricostruire.

Tanto di cappello!

Livio Izzo

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Per ridurre l’impatto sul clima da parte dell’industria e del trasporto aereo, 31 Paesi hanno firmato un patto che limita le emissioni prodotte. Questo patto interessa circa il 45% delle emissioni di gas a effetto serra dell’UE e riguarda ovviamente anche il raggiungimento dell’obiettivo 13 (e ovviamente altri).

Cosa prevede questo patto?

In sostanza, dal 2005 l’Unione Europea ha istituito una specie di mercato delle emissioni di CO2, conosciuto anche come ETS (Emission Trading System), che è di fatto la principale politica comunitaria per contrastare i cambiamenti climatici e ridurre le emissioni di gas a effetto serra. L’ETS è il primo mercato al mondo di CO2 e si basa sul principio del “cap and trade” (“limita e scambia”).

Per ridurre le emissioni dei settori industriali, l’Unione ha fissato il totale di emissioni di gas serra (cap) dei diversi settori: le aziende hanno a disposizione un numero fisso di “quote”, che ufficialmente si chiamano European Emission Allowance (EUA), ognuna delle quali permette l’emissione di una tonnellata di CO2 in un anno solare.

Negli anni il tetto massimo è stato progressivamente abbassato, in modo da ridurre anche le emissioni di gas serra nell’atmosfera, e calerà progressivamente, costringendo tutte le aziende a inquinare di meno. Le quote assegnate ogni anno sono però cedibili: le aziende possono ricevere o acquistare all’asta le quote da altre aziende o, nel caso in cui riescano a ridurre le emissioni dei propri impianti, possono rivendere le loro quote ad aziende che rilasciano emissioni clima alteranti (trade). L’importante è che il tetto massimo di emissioni a livello europeo non venga sforato, in quel caso è prevista una multa per le aziende che hanno emissioni clima alteranti superiori a quanto permesso dalle quote verdi in loro possesso (che più o meno si aggira intorno ai 100 euro per tonnellata di CO2).

Dal 2013 al 2020, il tetto massimo di emissioni concesse alle centrali elettriche e alle industrie ad alta intensità energetica (cioè quelle che producono ferro, alluminio, cemento, vetro, cartone o acidi) è stata diminuita dell’1,74 per cento ogni anno. Da quest’anno, il 2021, fino al 2030 la riduzione sarà del 2,2 per cento annuo. Il primo obiettivo era quello di arrivare a un calo complessivo per questi settori del 21 per cento nel 2020 rispetto ai livelli del 2005 (quando venne istituito l’ETS) e di almeno il 43 per cento entro il 2030.

Questa riduzione ha spinto i prezzi del carbonio in Europa a raggiungere il massimo storico di quasi 40 euro per tonnellata di CO2 equivalente. Ma non è solo un problema di «domanda industriale»: l’anno scorso il valore dei mercati globali del carbonio ha raggiunto il record di 229 miliardi di euro, un aumento di cinque volte rispetto al 2017. Il sistema di scambio delle emissioni (ETS) dell’UE rappresenta quasi nove decimi di quel valore e di quella crescita (quello della Cina è appena iniziato). Nel 2020 circa un miliardo di euro di permessi di emissione è passato di mano al giorno, così come un sacco di opzioni e contratti futures. Il mercato sta entrando nel mainstream finanziario, con centinaia di società di investimento che vi operano. Il rischio è quindi che il costo di questa «nuova materia prima» sia oggetto di speculazioni finanziare, che possono avere ricadute terribili sulle strategie industriali internazionali.

Per comprenderlo basta vedere che nel 2020 erano circa 230 i fondi d’investimento che detenevano futures legati alle quote, contro i 140 del 2019. Rappresentano solo il 5% circa del mercato dei futures, ma è una quota crescente e rialzista. Le posizioni lunghe, o le scommesse che il prezzo salirà, sono raddoppiate da novembre. Molti analisti si aspettano che l’obiettivo del 55% dell’UE richiederà un calo del numero di quote e un aumento dei prezzi, forse verso gli 80 euro a tonnellata.

La fine dell’industria europea?

Pensiamo ora all’Italia e prendiamo il caso «Cemento». Il Cemento è un prodotto insostituibile. Non si può realizzare una fondazione, l’involucro di una galleria, le pile di un pinte, le traversine di una rete ferroviaria, le banchine di un porto, una pavimentazione industriale … con altri materiali. E la maggior parte delle opere di costruzione sono realizzate con materiali cementizi. Dopo l’Acqua il Calcestruzzo è il componenti più utilizzato al mondo. L’industria del cemento è quindi strategica per un Paese, dipendere dalla fornitura esterna vuol dire dare a terzi le chiavi degli investimenti in infrastrutture, in gestione dell’ambiente costruito, ….

L’industria del Cemento produce però CO2 e quindi le aziende devono acquisire quote di CO2 per produrre cemento. A 40€ la tonnellata, la CO2 già incide per il 50% dei costi di produzione del cemento. A 80 euro la tonnellata cosa succederà?

È vero che una parte di CO2 viene data «in omaggio» da ogni Paese per contrastare lo squilibrio commerciale internazionale, ma come abbiamo già visto sono oltre tre anni che questa quota è insufficiente per coprire il problema. A distanze ravvicinate, affacciati sul mare mediterraneo ci sono Paesi che non hanno firmato il protocollo di Parigi, che non hanno stabilito limiti per la CO2. Stando ai dati aggiornati a settembre 2018, sono 53 le iniziative globali che prevedono uno schema di “carbon pricing”. Nel 2018 queste misure hanno coperto soltanto il 19,8% delle emissioni annue di CO2 in tutto il mondo.

Detto in altri termini, circa l’80% delle emissioni di CO2 globali non prevede alcun tipo di regolamentazione.

Diventeranno i nuovi Paesi industrializzati degli anni 2030?

È chiaro quindi che le scelte che si devono compiere per migliorare l’obiettivo 13 devono tenere conto della necessità di non calpestare gli aspetti inerenti l’obiettivo 8, ovvero, come ho già scritto, promuovere una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, la piena occupazione e il lavoro dignitoso per tutti.

Come farlo?

Chicco Testa nel libro «Elogio della crescita felice» affronta questi temi con cinica lucidità. Tra gli altri analizza il tema dell’energia, ed evidenzia come oggi l’energia più «pulita» che abbiamo a disposizione è quella nucleare. Ed è anche la più economica. La Francia ha quindi un doppio valore competitivo rispetto all’Italia: produce un’energia che costa meno e consuma meno CO2. Ma è una scelta politicamente difficile. Da noi abbiamo scelto in modo diverso.

Soluzioni: i “dazi climatici”?

Guardando a quali Paesi hanno preso impegni forti sul tema della sostenibilità – sulla falsa riga di quanto hanno fatto quelli europei –  ci si accorge che si sono di fatto defilati Cina, Stati Uniti, Australia, India, Brasile, Sud Africa, i paesi del Maghreb …

Cinicamente possiamo osservare che tutti questi Paesi stiano godendo degli sforzi fatti dagli Stati più virtuosi, producendo e disinteressandosi delle emissioni e così, almeno per alcuni anni, le loro merci costeranno meno. È un dumping intollerabile e ingiusto.

Su questo fronte la soluzione più semplice o semplicistica da applicare, è quella di introdurre una sorta di “carbon tax” o “dazio climatico”, ovvero che i Paesi “climaticamente virtuosi” facciano pagare a quelli che irresponsabilmente non assumono impegni concreti, i benefici di cui comunque usufruiranno per lo sforzo altrui. Quindi un sistema di tassazione degli scambi commerciali internazionali che, al costo di qualsiasi merce, aggiunga un costo ecologico calcolato in base ai gas serra emessi per la sua produzione.

Una scelta facile ma difficile da applicare e forse da sostenere. Innanzitutto perchè poi il “Paese inquinatore» potrebbe introdurre dei controdazi, come già accaduto nello scontro USA-CINA. Ma anche perchè, essendo l’Europa un Continente che produce sempre meno una tassazione di questo tipo, finirebbe per creare un diffuso aumento dei costi delle materie prime e di conseguenza dei prezzi di mercato, finendo per pesare sulle tasche del cittadino.

E alla lunga non ci si potrà che rendere conto che anche la tassazione esclusivamente intra mercato diventerà talmente insostenibile da dover trovare altre soluzioni incentivanti.

Purtroppo le scorciatoie su problemi così complessi come quelli della regolazione dei mercati internazionali non funzionano.

,,,, di seguito l’articolo completo…. con proposte molto interessanti ed originali sulle soluzioni…… senza scorciatoie….

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ARTICOLO COMPLETO

 

 

 

 

 

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Il 18/12/20 il CSLP ha espresso un parere sul documento “Linee Guida sulla qualità dell’Architettura”.

Lascio al lettore leggere e meditare sui vari argomenti bene illustrati nell’articolo allegato ma vorrei soffermarmi su alcuni dei punti principali contenuti nel documento e che sono entrati (finalmente!) nel dibattito scientifico: 1) L’Architettura e il paesaggio, nella loro più ampia definizione, rivestono un valore di primario interesse pubblico per la collettività e LA QUALITA’ DELL’ARCHITETTURA E’ UN DIRITTO FONDAMENTALE PER OGNI PERSONA; …. 3) Tutti i cittadini hanno il diritto di fruire di uno spazio edificato di qualità; … 8) La manutenzione di un’opera di Architettura è parte integrante e imprescindibile del mantenimento della qualità dell’Opera stessa nel tempo.

Questi enunciati, così forti, semplici, quasi banali ma, al contempo, Rivoluzionari mi evocano il forte senso di insofferenza e malessere che il costruire solo per avere un tetto ha avuto nel mio intimo per decine di anni. Prima per aver abitato in una delle centinaia di migliaia di case “abusive” e, a dir poco, “essenziali” delle borgate di Roma e poi per aver lavorato nella prefabbricazione dove per troppi anni si è pensato solo ai volumi di calcestruzzo lavorato e mai dei risultati architettonici.

Finalmente sento che l’esigenza di “Costruire” un ambiente gradevole è arrivato al sentire comune, almeno dei più sensibili, e che non dobbiamo solo investire nelle vestigia antiche, come se il costruire presente non costituisse l’ambiente del futuro nostro e dei nostri figli!

Si, Penso che questo documento meriti un ampio dibattito non solo fra gli addetti ai lavori ma anche in ambiti più “sociali” perchè stiamo parlando di un bene comune, non solo da preservare ma anche, o soprattutto, da costruire!

Livio Izzo

 

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Qualità_dell’Architettura

 

 

 

 

 

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Prima il 50% per le ristrutturazioni, poi il 65% per le riqualificazioni energetiche, poi ancora il 90% per il recupero conservativo delle facciate ed in ultimo (o forse no) il Superbonus 110%… di contorno, collante e/o ostacolo una giungla di norme, decreti, procedure, circolari, risoluzioni, interpretazioni dalle più disparate fonti… il tutto alla valutazione dell’onnisciente tecnico professionista chiamato all’appello, che teme il fatidico momento in cui debba dire al cliente “questo Bonus non s’ha da fare!”

In questo articolo una panoramica interessante sulle principali “fatiche” che il professionista si trova ad affrontare nella disamica degli infiniti casi di Superbonus 110… nella speranza che tutto non sia vano!

Ing. Sebastiano Moioli

 

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superbonus_superman

 

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In un seminario svolto dalla Commissione Ambiente dell’Ordine di Bergamo nel 2016 intitolato “il professionista e lo sviluppo sostenibile” così dichiaravamo in un intervento sul ruolo dell’ingegnere progettista:

 

“L’industria delle costruzioni è senz’altro il maggiore responsabile, diretto e indiretto, della distruzione e del degrado delle risorse naturali, della produzione e dell’accumulo di rifiuti e dell’impatto ambientale. È oramai assodato che nei progetti si pretenda l’ottimizzazione nell’uso delle risorse, la riduzione o eliminazione dei rifiuti, il miglioramento della compatibilità ambientale e, al riguardo, le regole riguardanti la conservazione e la protezione dell’ambiente diventano sempre più restrittive. Affinché l’industria delle costruzioni affronti con successo tali sfide è necessario che i principi di sostenibilità siano considerati esplicitamente e sistematicamente in tutte le fasi di progettazione e che siano sviluppate nuove tecnologie, sistemi di costruzione alternativi e materiali innovativi”.

 

Ora sembra che nella bozza finale della DISCIPLINA DELLE COSTRUZIONI, destinata a sostituire il DpR 380/2001, la L. 1086/1971 e la L. 64/1974, non si tratti più solo di procedure volontarie e velleitarie legate alla buona volontà di perseguire quello che con gergo comune vengono definite economia circolare e sostenibilità ambientale, parole che oramai pervadono ogni nostra azione di vita professionale.

 

Il nuovo TITOLO IV – SOSTENIBILITA’ DELLE COSTRUZIONI porta una vera e propria nuova disciplina da apprendere e gestire professionalmente come è stato per la Sicurezza nei Cantieri Temporanei e Mobili col D.Lgs. 494 del 1996.

 

L’evidenza della novità si concretizza subito nel nuovo elaborato Relazione di Sostenibilità Ambientale … che deve analizzare e descrivere i materiali utilizzati usati per le costruzioni con specifico riferimento:

  1. a) alla separazione dei componenti edilizi nei singoli materiali costituenti;
  2. b) al contenuto di materiale recuperato, riciclato o di sottoprodotti;
  3. c) all’uso di materiali provenienti da fonti rinnovabili;
  4. d) all’uso di sostanze pericolose;
  5. e) all’uso di prodotti legnosi provenienti da foreste gestite in maniera sostenibile e responsabile;
  6. f) alla distanza della fonte di approvvigionamento.

 

  1. Nella Relazione di sostenibilità ambientale il progettista descrive le soluzioni adottate per migliorare le prestazioni energetiche della costruzione o per ridurre il consumo di risorse e le emissioni di gas serra durante la fase di costruzione, utilizzo e dismissione, in osservanza delle normative nazionali e europee vigenti in materia. Vengono altresì descritte le eventuali soluzioni adottate per la riduzione del consumo di fonti di energia fossile.

……

  1. Nella Relazione di sostenibilità ambientale … il progettista descrive le soluzioni adottate per ridurre l’impronta idrica della costruzione, sia in fase di produzione che di consumo, in osservanza delle normative regionali, nazionali ed europee vigenti in materia.
  2. Il progettista prevede, per ottenere una gestione efficiente della risorsa idrica, sistemi per il risparmio idrico, un corretto dimensionamento degli impianti, sistemi di trattamento delle acque reflue e la possibilità di attingere, per gli usi diversi da quelli potabili, da fonti alternative come l’acqua piovana e l’acqua proveniente da falde superficiali, laddove non in contrasto con altre forme del settore, per l’utilizzo outdoor e indoor.

 

Ma eccoci al cantiere:

  1. Al fine di garantire il perseguimento degli obiettivi in materia di conformità alle norme ambientali e di valutazione del ciclo di vita delle costruzioni è necessario che la progettazione valuti i rifiuti prodotti in fase di cantiere, in fase di esercizio, ed a fine vita della costruzione.
  2. La valutazione di cui al comma 1 è sviluppata mediante il Piano di gestione dei rifiuti, da redigersi nella fase di progettazione. Il Piano deve contenere:
  3. a) l’analisi dei materiali di risulta dalle lavorazioni che verranno prodotti durante il ciclo di vita dell’opera;

l’analisi contiene anche la verifica della possibilità in termini tecnici ed economici, con particolare riguardo ai materiali da costruzione utilizzati, di ridurre la quantità e la pericolosità dei rifiuti prodotti e di incrementare il

riutilizzo nell’ambito dello stesso cantiere o il recupero presso impianti autorizzati; dovranno infine essere analizzate le modalità costruttive più opportune per rendere più semplice ed efficace la riutilizzabilità e recuperabilità dei materiali da costruzione usati quando la costruzione giungerà a fine vita;

  1. b) l’individuazione per ciascuna tipologia di materiale di risulta dalle lavorazioni del possibile destino finale privilegiando, secondo i criteri di priorità nella gestione dei rifiuti, in ordine, la prevenzione, la preparazione al riutilizzo, il riciclaggio e il recupero lasciando lo smaltimento in discarica come ultima opzione …..
  2. c) nel caso in cui la costruzione comprenda opere di demolizione totale o parziale di manufatti, un apposito capitolo nel quale si specifichi come viene attuata la demolizione selettiva …..;
  3. d) l’indicazione delle corrette modalità di manutenzione e di decostruzione per garantire gli obiettivi definiti in fase di progetto nel Piano;
  4. e) la stima quantitativa e qualitativa dei rifiuti prodotti.

Inoltre, la demolizione selettiva diventa la norma:

  1. Nell’ambito degli interventi edilizi ….. le operazioni di demolizione totale o parziale devono essere effettuate in modo selettivo, con l’obiettivo di ridurre il rischio connesso con la presenza di componenti pericolose e

di massimizzare il riutilizzo o il recupero del materiale demolito.

 

  1. La demolizione selettiva si attua attraverso le seguenti fasi:

A – Indagine preliminare, che comprende:

  1. a) valutazione delle caratteristiche dell’edificio sia in termini di componenti sia in termini di possibili tecniche di

demolizione applicabili in sicurezza;

  1. b) valutazione delle criticità.

B – Azioni preliminari alla demolizione, che comprendono:

  1. a) attuazione delle disposizioni dettate dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 ….;
  2. b) rimozione delle componenti pericolose o presunte pericolose, ….;
  3. c) rimozione dei materiali di pregio ….. ;
  4. d) rimozione delle componenti riutilizzabili in modo certo nello stesso o in altro cantiere, …. .

C – Demolizione, che comprende:

  1. a) demolizione delle componenti rimanenti con separazione delle diverse tipologie di rifiuti;
  2. b) classificazione e caratterizzazione delle diverse tipologie di rifiuto, …….;
  3. c) deposito temporaneo dei rifiuti prodotti;
  4. d) avvio a recupero o smaltimento a seconda delle tipologie presso gli impianti idonei individuati in sede di integrazione del Piano dei rifiuti da parte dell’impresa esecutrice.

D – Documentazione, che comprende almeno la raccolta, in un elaborato, dei dati sui materiali e rifiuti ottenuti dalle attività di demolizione selettiva.”

 

E chi deve fare tutto questo?

  1. La valutazione di sostenibilità ambientale ….. è sempre obbligatoria …….
  2. … è redatta, dal progettista o da specialisti del settore, sotto forma di relazione tecnico-descrittiva e riporta, per ogni aspetto valutato, le soluzioni tecnologiche e gli accorgimenti progettuali utilizzati per il rispetto dei requisiti minimi richiesti … .
  3. La relazione di sostenibilità ambientale è parte integrante della progettazione esecutiva delle costruzioni e degli interventi ….. e deve pertanto rispettare i principi ed i requisiti minimi delle opere in esso prescritti.
  4. La relazione di sostenibilità ambientale, sottoscritta dal progettista dell’intervento, concorre alla formazione del fascicolo digitale della costruzione …..
  5. Ai fini della certificazione di agibilità della costruzione, di cui all’articolo 32, il direttore dei lavori attesta il raggiungimento degli obiettivi indicati nella relazione di sostenibilità ambientale.

 

  1. La Dichiarazione di sostenibilità ambientale, …. , a firma del progettista dell’intervento, attesta la conformità degli elaborati e delle opere progettate alle disposizioni adottate …. , indica lo schema di certificazione utilizzato per conseguire la certificazione di sostenibilità e specifica l’esito o il punteggio finale conseguito.

 

  1. La sostenibilità ambientale delle costruzioni è certificata attraverso l’utilizzo di protocolli di certificazione, …. che determinano l’attribuzione di un giudizio sintetico o un punteggio, che rappresenta il livello di sostenibilità ambientale della costruzione (rating system).

 

… la certificazione di sostenibilità ambientale di una costruzione è rilasciata dalla Regione, a seguito dell’applicazione di un processo di valutazione e certificazione ….. A tal fine le Regioni possono avvalersi di organismi di

certificazione accreditati ai sensi della normativa vigente in materia di organismi di valutazione della conformità…

 

  1. Nel caso di mancato raggiungimento del livello di sostenibilità dichiarato in fase di progetto:
  2. a) non sono concesse le agevolazioni o gli incentivi richiesti e l’eventuale componente di premialità volumetrica ….;
  3. b) la certificazione di agibilità della costruzione .. è inefficace …

 

Insomma, una vera e propria nuova competenza dovrà essere sviluppata ed applicata, da parte dei Progettisti, che presumibilmente farà nascere una vera e propria “professione” parallela, come è stato per la sicurezza o per la Prevenzione Incendi.

 

Ing. Livio Izzo

Ref. Comm. Ecologia e Ambiente

 

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testo_finale_disciplina_costruzioni_20201222

 

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La progettazione di una struttura saldata parte dal dimensionamento e verifica delle membrature ma deve scendere, granularmente, fino alla progettazione della singola saldatura perchè da essa dipende la stabilità del tutto. E la scelta non è affatto banale! L’autore di questo articolo ci conduce per mano ad analizzare diverse tipologie di giunto saldato, i diversi rischi di difettosità ed i criteri per prevenirli salvaguardando anche l’economicità, oltre che l’affidabilità, della struttura.

Ing. Livio Izzo

 

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giunzioni-strutturali-acciaio-iis

 

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E’ materia nota la tecnologia del cemento armato ed è quasi altrettanto nota la prefabbricazione a secco: quella dei capannoni, per intenderci. Diciamo “abbastanza nota” perché quanto è avvenuto durante il terremoto in Emilia -Romagna ha denunciato carenze progettuali o esecutive che lasciano perplessi, Facciamo notare che la stessa tecnologia, che usa elementi portanti, sia verticali che orizzontali prefabbricati poggiati “a sella” fra loro, è stata utilizzata anche per edifici multi-piano.

Molto meno nota è una tecnologia intermedia: quella che comporta elementi parzialmente prefabbricati, da completare con getti in opera ai nodi. Sia quelli di fondazione con i pilastri, sia quelli di piano, orizzontali e verticali, rendendo la struttura monolitica, in fase di esercizio. Se i programmi di calcolo possono aver reso accessibile e credibile un dimensionamento delle strutture, è necessaria un’analisi dei costi piuttosto accurata, nella ricerca delle soluzioni che consentano di individuare quale metodo di prefabbricazione utilizzare per avere dei benefici effettivi (di costi o di tempo) nella gestione del cantiere .

Quanto detto, è una premessa generale.  Il PREM è un sistema utilizzato per questo tipo di prefabbricazione, (più ditte lo hanno adottato), di cui, anche con immagini, tratta con obiettività l’articolo allegato.

Livio Izzo e Gennaro  Guala – ingegneri

 

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La chiesa rupestre di San Vittore è una testimonianza, lasciataci dal passato, di un luogo di un culto sorto dove confluivano importanti vie di transito fra una sponda e l’altra del Brembo, il traghetto che lo attraversava e gli insediamenti che, anche in tempi successivi, sono sorti sulle due sponde.

I lavori che sono presentati in questo contributo, ne illustrano la storia ma, nello stesso tempo, sono propedeutici a successivi interventi manutentivi di tipo ingegneristico, tesi a salvare gli affreschi che il tempo e il microclima ambientale (legato all’elevato tasso di umidità relativa) tendono a deteriorare.

Il primo tema è stato affrontato dal professor Gian Pietro Brogiolo, in uno studio titolato “San Vittore di Brembate Sotto-Una chiesa rupestre della Valle Padana”, suddiviso in due capitoli: “L’insediamento rupestre di San Vittore” e “San Vittore nel contesto storico”.
IL prof. Brogiolo, già ordinario di Archeologia Medioevale a Padova e presidente della Società degli Archeologi Medioevisti Italiani, ha sviluppato gli aspetti teorico metodologiche e diretto progetti di Archeologia postclassica (su città, castelli, architetture, paesaggi e comunità rurali). Condirettore delle riviste “Archeologia Medioevale”, “Archeologia dell’Architettura”, “Post Classical Archaelogy”,e delle collane “Documenti di Archeologia”, “Progetti di Archeologia”, è autore di 455 articoli, 10 monografie e 60 volumi, molti sul territorio fra l’Adige e il Chiese.

Il secondo tema, quello legato al microclima ambientale, da cui si evince la necessità di una climatizzazione, è stato oggetto di una indagine del dottor Diego Marsetti, geologo, con i suoi collaboratori, gli ingegneri Stefania Ambrosini e Mirko Madaschi.
Il dott. Diego Marsetti, laureatosi nel 1992 in scienze geologiche, ha maturato le proprie esperienze lavorative sia in Italia che all’estero. Nell’aprile del 2017 è stato inserito nel gruppo degli autori che hanno studiato il sito archeologico denominato “The Hal Saflieni Hypogeum”, patrimonio UNESCO, in Malta. Della sua lunga attività professionale, rientrano, a titolo di esempio, i suoi studi Val Borlezza, in Cerete Sotto e nella Valle dell’Oglio. Quelli di Puno, in Perù, per il recupero ambientale del lago Titicaca e l’“Indagine geologica e mineraria a supporto tecnico dello stato di fatto delle miniere di oro, argento e rame e terre rare” nella Columbia Britannica, in Canada.
E’ autore di diverse pubblicazioni scientifiche nel campo della idrologia, corrosione biochimica, geologia–geotecnica ed ambiente e relatore in diversi convegni nazionali e internazionali.

Gen Guala

 

 

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Partecipando a un convegno su “Bellezza, territorio, ambiente” l’ingegner Benzoni ha preparato un intervento che prendendo spunto da varie fonti cerca di dare alcuni spunti per una visione nuova della pianificazione e progettazione territoriale che, partendo dal degrado e dal consumo di suolo, desse nuovi paradigmi di azione per una vera salvaguardia.

Purtroppo il danno, a cui ora si tenta di porre rimedio, è già stato fatto, ed è iniziato nel primo dopo-guerra. Una parte è dipeso dalla  necessaria migrazione di tanti lavoratori dell’agricoltura verso altre attività capaci di garantire ancora un reddito costante, allora ritenuto certo, Una parte dal desiderio, e dalle possibilità economiche che lo consentivano, di vivere in una casa che non avesse il cesso nell’orto, o una turca ed un lavandino in uno sgabuzzino, da condividere alla fine di una ringhiera su cui affacciavano più famiglie stipate in due locali. Ma la responsabilità maggiori cadono sulla politica – a tutti i livelli – che non ha saputo (per ignoranza) o voluto (per calcolo) incanalare in una direzione accettabile, almeno per gli aggregati urbani, le semplici nozioni di urbanistica che da anni si insegnavano nelle università.

Lo “sperpero” del territorio, nella completa indifferenza per la tutela dell’ambiente e della bellezza, ne è una delle conseguenze più appariscenti. Contemporaneamente, sulla stessa area, ci sono esempi del sovrapporsi di funzioni incompatibili fra loro, sinonimo di degrado della qualità della vita. Al di là del tragico crollo, il ponte Morandi può illuminare in proposito.

Affrontare ora il problema non è compito facile; ancora meno facile individuare soluzioni condivise. Ma salvare il salvabile non è impossibile. Anzi, a livello planetario, la situazione dell’Italia, pur densamente popolata, per fortuna non è fra le peggiori esistenti.

 

Gen Guala

 

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Bellezza,_sicurezza,_economia_e_degrado_ambientale

 

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