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La principale novità, per i lavori disciplinati dal Codice dei Contratti Pubblici, è la **definizione capillare dei contenuti del **nuovo documento progettuale obbligatorio, complesso e multidisciplinare, LA RELAZIONE CAM, che è richiamata anche dal nuovo Codice dei Contratti 2023, è compliant con il PNRR e relativa logica del DNSH e si pone in maniera del tutto analoga alla Relazione di Sostenibilità Ambientale prevista nel titolo IV del prossimo DpR 380. Si tratta quindi di una materia generalizzata a tutte le Costruzioni, pubbliche o private di qualunque valore.

In merito, segnaliamo un Ciclo di seminari per Progettisti, molto completo ed approfondito, organizzato dagli Ordini degli Ingegneri e degli Architetti e da Inarsind di Bergamo, ed un primo focus sui contenuti principali del documento: highlights e criticità.

Il Cdr

 

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Nella convinzione di fare un’azione divulgativa non superflua, il Sito Culturale pubblica le slide utilizzate dall’ingegner Sergio Tosato e dal dottor Alberto Ciglia nella conferenza tenuta nel mese di dicembre, per Federmanager Bergamo, sul tema “Energia e Società – shock e transizione – un difficile equilibrio.”
Il percorso della conferenza, quindi delle slide, è stato lineare e il contenuto delle slide stesse è agevolmente comprensibile, anche senza commenti, da coloro che, come gli ingegneri, hanno una cultura scientifica di base. Sono una sintesi completa, facilmente integrabile per alcuni argomenti da chi avesse interessi specifici, che, partendo dalla preoccupante situazione attuale, dalle tecnologie in essere per contrastarla, indichi cosa è realisticamente possibile fare per mitigare l’impatto ambientale fino al raggiungimento della produzione di energia “pulita”, attinta a una fonte praticamente inesauribile, in quantità sufficiente a soddisfare le crescenti esigenze dell’umanità.
Non è ancora stato “praticamente” dimostrato che con la fusione nucleare si ottenga più energia di quanta viene richiesta per erogarla. Ci si arriverà, e, per il futuro dei nostri figli e nipoti, dobbiamo darlo per certo.
Non sarà sicuramente il 2050, perché non è un obiettivo che si possa fissare per decreto: potrebbe essere anche prima, perché necessariamente dopo? Al Tokamak in California, sperano prima.
Ma una volta realizzato il prototipo, quanto tempo ci vorrà prima che la realizzazione delle nuove centrali a fusione nucleare dia, in modo rilevante, il suo apporto alla soluzione della riduzione della CO2 in atmosfera? O per convincere la Cina ad abbandonare il carbone come principale fonte energetica? E non solo la Cina, dato che per ognuno degli otto miliardi di esseri umani presenti oggi sulla faccia della Terra, viene bruciata una tonnellata di carbone all’anno.

L’umanità ha davanti a sé una sfida quale non ha mai affrontato. Per di più ne è cosciente a tutti i livelli, perché i media non fanno che ricordarla. Bene fanno, ma il continuo martellare spaventa e può portare a decisioni irrazionali da parte delle forze politiche che vogliono voti, anche di chi è abituato a pretendere senza dare, lasciando ad altri il compito di risolvere i problemi.
In questa fase transitoria, come dovrebbe agire la maggior parte degli ingegneri, che opera ogni giorno sul territorio, lontano dagli avanzati centri di ricerca? Fare tutto il possibile perché quanto progetta sia indirizzato al massimo risparmio energetico e al minimo impatto ambientale, con le tecnologie a disposizione, e – cosa non secondaria – con la capacità economica dei nostri clienti.
Anche affinando anno dopo anno accorgimenti che non risolvono radicalmente il problema dell’inquinamento atmosferico e del consumo di fonti non rinnovabili, si possono ottenere, a medio termine, risultati non trascurabili.
Non è un compito secondario, perché non è detto che dall’osservazione di realizzazioni diffuse – sottoponibili ad un’analisi statistica – non sortiscano osservazioni o tecnologie originali, capaci di superare positivamente un’analisi costi-benefici complessiva, permettendo di “sopravvivere” senza catastrofi, in attesa che l’idrogeno “pulito” garantisca all’umanità, liberata da incubi e spettri, millenni e millenni di felice esistenza.

Gennaro Guala

N.B. Nell’analizzare le necessità bisognerebbe anche tener conto delle leggi dei grandi numeri, e non fare semplici divisioni o moltipliche.

 

 

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La tecnologia del CCS (Cattura e Stoccaggio della Co2) e del CCUS (Cattura, Stoccaggio ed Uso della Co2) sta attirando l’attenzione di chi opera in settori produttivi che attualmente rilasciano in atmosfera forti quantità di questo gas, conclamata causa dei cambiamenti climatici del nostro pianeta. In quest’articolo, un Collega dell’ENEA, ci lascia una panoramica informativa su questo argomento.

Il processo base, teoricamente più semplice, consiste: 1) cattura della Co2 dai combustibili fossili; 2) trasporto della Co2 ai siti di stoccaggio: 3) stoccaggio geologico in siti profondi. Si presume che questa procedura porterebbe ad un aumento dei costi industriali dal 5 al 10%.

Si pensa che anche l’utilizzo di E-fluid, se i reagenti utilizzati per la sintesi (H2 e Co2) sono di origine rinnovabile, così sarà il prodotto sintetizzato.

Sono in corso progetti (non molti) per testare i due procedimenti. Ad essi dovrebbero essere interessate le principali industrie che, come sottoprodotto di scarto, producono Co2 in quantità molto rilevante.

Il fatto che le due tecnologie non siano attualmente molto utilizzate, il parere personale di chi scrive questo abstract, è che la ricerca in questa direzione venga comunque portata avanti, perché potrebbe essere molto utile anche dopo il raggiungimento degli obiettivi che l’umanità si è fissata per il 2050.

GG

 

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Sulla Direttiva europea sulle case green si è acceso un aspro dibattito soprattutto sul piano politico che, però, rischia di attestarsi su base ideologica.

Il CNI si inserisce proponendo un approccio laico e scientifico per cogliere la grande opportunità che si apre su un problema oggettivamente complesso ma anche ineludibile se si vuole perseguire la riduzione della Co2.

Qui di seguito la sintesi finale, del CNI, in un articolo molto articolato ed approfondito:

“Un piano di risanamento energetico degli edifici – afferma Giuseppe Maria Margiotta, Consigliere CNI e Presidente del Centro Studi CNI – specie se estremamente impegnativo come quello che si sta profilando in sede UE, deve basarsi su dati analitici approfonditi e affidabili. Ciò di cui oggi disponiamo relativamente alle condizioni del patrimonio edilizio sono dati interessanti ma definiscono un quadro per molti aspetti approssimativo. Non è più tempo di approssimazioni. Chiediamo che l’interlocuzione con l’UE si basi definendo con chiarezza il quadro operativo di intervento per poter realisticamente quantificare i tempi ed i costi di tale operazione e questo non è un lavoro che, a nostro avviso, può essere svolto solo dal Governo e dagli uffici tecnici dei Ministeri competenti per materia, ma deve coinvolgere i professionisti dell’area
tecnica che meglio conoscono le complessità dei territori e dei cantieri.”

 

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L’utilizzo del CSS (Combustibile Solido Secondario, derivante dalla frazione secca non differenziabile dei RSU) al posto del gas sembra la via più naturale al risparmio sia economico che di produzione di Co2 (il CSS costa 1/16 del gas e produce molta meno Co2 di questo) ma in Italia stenta ad essere utilizzato e prende in massima parte la via dell’estero.

I fautori di questa sostituzione dicono che le resistenze sono ideologiche e non giustificate. Come Ingegneri penso che abbiamo il dovere di farcene la nostra idea e contribuire culturalmente al dibattito. Proprio lo scopo del nostro Sito Culturale.

Invito i Colleghi a condividere questo post sui propri profili social e ad esprimere la propria opinione.

Livio Izzo

 

 

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Nella convinzione di fare un’azione divulgativa non superflua, il Sito Culturale pubblica le slide utilizzate dall’ingegner Sergio Tosato e dal dottor Alberto Ciglia nella conferenza tenuta nel mese di dicembre, per Federmanager Bergamo, sul tema “Energia e Società – shock e transizione – un difficile equilibrio.”

Il percorso della conferenza, quindi delle slide, è stato lineare e il contenuto delle slide stesse è agevolmente comprensibile, anche senza commenti, da coloro che, come gli ingegneri, hanno una cultura scientifica di base. Sono una sintesi completa, facilmente integrabile per alcuni argomenti da chi avesse interessi specifici, che, partendo dalla preoccupante situazione attuale, dalle tecnologie in essere per contrastarla, indichi cosa è realisticamente possibile fare per mitigare l’impatto ambientale fino al raggiungimento della produzione di energia “pulita”, attinta a una fonte praticamente inesauribile, in quantità sufficiente a soddisfare le crescenti esigenze dell’umanità.

Non è ancora stato “praticamente” dimostrato che con la fusione nucleare si ottenga più energia di quanta viene richiesta per erogarla. Ci si arriverà, e, per il futuro dei nostri figli e nipoti, dobbiamo darlo per certo.

Non sarà sicuramente il 2050, perché non è un obiettivo che si possa fissare per decreto: potrebbe essere anche prima, perché necessariamente dopo? Al Tokamak in California, sperano prima.
Ma una volta realizzato il prototipo, quanto tempo ci vorrà prima che la realizzazione delle nuove centrali a fusione nucleare dia, in modo rilevante, il suo apporto alla soluzione della riduzione della CO2 in atmosfera? O per convincere la Cina ad abbandonare il carbone come principale fonte energetica? E non solo la Cina, dato che per ognuno degli otto miliardi di esseri umani presenti oggi sulla faccia della Terra, viene bruciata una tonnellata di carbone all’anno.

L’umanità ha davanti a sé una sfida quale non ha mai affrontato. Per di più ne è cosciente a tutti i livelli, perché i media non fanno che ricordarla. Bene fanno, ma il continuo martellare spaventa e può portare a decisioni irrazionali da parte delle forze politiche che vogliono voti, anche di chi è abituato a pretendere senza dare, lasciando ad altri il compito di risolvere i problemi.

In questa fase transitoria, come dovrebbe agire la maggior parte degli ingegneri, che opera ogni giorno sul territorio, lontano dagli avanzati centri di ricerca? Fare tutto il possibile perché quanto progetta sia indirizzato al massimo risparmio energetico e al minimo impatto ambientale, con le tecnologie a disposizione, e – cosa non secondaria – con la capacità economica dei propri clienti.
Anche affinando anno dopo anno accorgimenti che non risolvono radicalmente il problema dell’inquinamento atmosferico e del consumo di fonti non rinnovabili, si possono ottenere, a medio termine, risultati non trascurabili.

Non è un compito secondario, perché non è detto che dall’osservazione di realizzazioni diffuse – sottoponibili ad un’analisi statistica – non sortiscano osservazioni o tecnologie originali, capaci di superare positivamente un’analisi costi-benefici complessiva, permettendo di “sopravvivere” senza catastrofi, in attesa che l’idrogeno “pulito” garantisca all’umanità, liberata da incubi e spettri, millenni e millenni di felice esistenza.

Gennaro Guala

N.B. Nell’analizzare le necessità bisognerebbe anche tener conto delle leggi dei grandi numeri, e non fare semplici divisioni o moltipliche.

 

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Articolo che bene riassume quanto discusso in un seminario, organizzato nel 2021 con L’ENEA. Riassumendo: allo stato attuale della ricerca l’Idrogeno può essere pensato solo in situazioni di trasporti con grandi mezzi, ovvero treni e navi, ove lo stoccaggio potrebbe essere mirato, c’è spazio per le celle a combustibile e dove sia possibile produrlo con energia rinnovabile attraverso processi elettrolitici. Al riguardo si sta cercando di produrre celle ad alta efficienza per superare il gap di costo che oggi lo penalizza rispetto al sistema tradizione del reforming. Informo che c’è un progetto in corso per il treno della valle Camonica.

 

Gianfranco Benzoni

 

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L’indagine dell’Unità Investigativa di Greenpeace Italia svela che la maggior parte dei rifiuti organici in Italia finisce in impianti che non sono in grado di trattare efficacemente i materiali in plastica compostabile, che così finiscono in inceneritori o in discarica, in barba alla presunta sostenibilità.

In Italia i prodotti monouso in plastica compostabile come piatti, posate e imballaggi rigidi, devono essere smaltiti insieme agli scarti alimentari. Tuttavia, stando ai dati del Catasto rifiuti di ISPRA, il 63 per cento della frazione organica è inviata in impianti che difficilmente riescono a degradare le plastiche compostabili.

Il resto finisce in impianti di compostaggio che abitualmente operano con tempi decisamente inferiori a quelli necessari a garantire la compostabilità. Una situazione conseguenza dell’impiantistica non sempre adeguata ma anche dell’evidente scollamento tra le certificazioni sulla compostabilità e le reali condizioni presenti negli impianti.

Sono queste alcune delle criticità elencate a Greenpeace da numerosi imprenditori del settore e dal personale tecnico dei laboratori intervistati.

I risultati dell’inchiesta gettano ancora più dubbi sull’operato dell’Italia che da anni incentiva la sostituzione delle plastiche fossili con quelle compostabili, lasciando inalterata la logica del monouso i cui impatti risultano sempre più devastanti.

 

Gianfranco Benzoni

 

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Auto elettrica?

E’ impossibile tentare di sintetizzare ulteriormente le singole parti di quanto ha pubblicato Gianfranco Benzoni, presidente della Commissione Ambiente dell’Ordine degli Ingegneri di Bergamo sul Giornale dell’Ingegnere. Impostato su dati reali, abbastanza sconcertanti per chi vede l’auto elettrica come soluzione pressoché immediata dei problemi di emissioni di CO2 dovuti al traffico veicolare. Non preclude  la speranza – che ci sorregge comunque – che la fabbricazione delle batterie possa in futuro evolversi in “senso ecologico”, riducendo l’inquinamento ambientale, atmosferico e socio-politico (reperimento materie prime) legato alla loro fabbricazione.

Uno dei primi motori a scoppio quattro cilindri – visto in un museo  dell’auto nell’interno della Scozia – era costituito da quattro parallelepipedi di acciaio tenuti assieme  da reggette metalliche. Qualche passo avanti è stato fatto, sia meccanico che nel rendimento: certamente non potrà essere superato quello del ciclo di Carnot, o di Otto, ma ci si è avvicinati. Perché dobbiamo pensare che ciò non sia possibile per le batterie e motore elettrico?

La durata di una batteria odierna è di cinque anni, Raggiunge la “neutralità” con le auto in circolazione (l’auto in studio), dopo circa 75.000  Kilometri,

tenendo conto che gli studi finora effettuati sono rivolti alle mini-auto per trasporto urbano  o limitato ai 100 km di autonomia e che la capacità della batteria decresce ad ogni ciclo di carico/scarico. Quindi non è cautelativo prevedere per il futuro (la considerazione conclusiva dell’autore non è dettata da pessimismo) che, indipendentemente dai costi complessivi, per rispettare il Protocolli di Kioto, l’energia elettrica di alimentazione dovrebbe provenire completamente da fonti rinnovabili.

 

Gen Guala

 

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Seguendone il progresso dell’iter di adozione, il CEN-CENELEC ha preparato un’analisi del progetto di revisione del Regolamento sui prodotti da costruzione che ha reso disponibile agli Organi Tecnici del CEN ed al mercato europeo.

Alleghiamo il documento del CEN-CENELEC in originale ma sintetizziamo brevemente i contenuti salienti del Progetto della Commissione Europea.

La Proposta (allegata), presentata formalmente il 30-03-2022 dopo alcuni anni di gestazione a seguito della sentenza James Elliot del 2016

https://ingegneribergamo.online/nelleuropa-della-marcatura-ce-e-in-corso-una-rivoluzione-del-quadro-di-riferimento/, mira a realizzare un mercato unico dei prodotti da costruzione ben funzionante e contribuire agli obiettivi della transizione verde e digitale, in particolare quella moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva.

Prima di tutto l’ambito della proposta di Revisione del CPR è stato esteso rispetto all’attuale. La proposta si applica ai seguenti prodotti:

  • Prodotti da costruzione
  • Prodotti e servizi relativi alla stampa 3D
  • prodotti da costruzione fabbricati in cantiere per l’immediata incorporazione in opere edili, senza separata azione commerciale per l’immissione sul mercato;
  • Parti chiave o materiali se richiesto dal produttore;
  • kit o assiemi, la cui composizione è specificata e disciplinata da specifiche tecniche armonizzate;
  • case unifamiliari prefabbricate di superficie calpestabile inferiore a 180 mq ad un piano o di superficie calpestabile inferiore a 100 mq su due piani.

In merito ai contenuti tecnici copribili dalla marcatura CE, questi vengono ampliati moltissimo e ripartiti in due gruppi principali:

1)            Le caratteristiche Essenziali e le Prescrizioni Tecniche (Annesso I parte A) sia in merito alle esigenze costruttive che ambientali;

2)            Le caratteristiche connesse al funzionamento appropriato ed alle prestazioni dei prodotti (Annesso I parti B, C e D).

Le prime saranno obbligatorie e saranno certificate da una Dichiarazione di Conformità.

Le seconde saranno facoltative e saranno certificate da una Dichiarazione di Prestazione.

La marcatura CE testimonierà almeno una delle due dichiarazioni.

Il documento presenta anche una analisi SWOT del Progetto, una disamina dell’analisi critica della situazione attuale ed una schematizzazione anche grafica della Proposta.

 

Livio Izzo

Referente del Consiglio c/o CdR

 

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