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Il tema “Soft Skill” sta diventando sempre di più un argomento centrale nella nostra professione. Accanto alle nostre amate Hard Skill, a partire da quelle scolastiche, a quelle tecniche gestionali, a quelle trasversali (sicurezza, salute, ambiente), fino alle più recenti sulle nuove tecnologie informatiche, ora sono arrivate in pole position anche le “Soft Skill”.

In effetti, non c’è momento del giorno in cui ognuno di noi non debba comunicare in modo corretto e chiaro, attraverso una leadership propositiva, all’ interno di team di lavoro stabile o che cambi continuamente. Abbiamo quindi scoperto che in realtà le Soft Skill sono importanti quanto le Hard Skill.

Detta in altro modo: le Hard Skill sono condizione necessaria, ma non sufficiente, per svolgere al meglio il proprio lavoro.

Le soft skill, comportamenti personali che ci aiutano a relazionarci con gli altri, sono quindi parte integrante del nostro lavoro.  Potremmo anche essere i migliori professionisti, con le migliori conoscenze tecniche, ma senza la capacità di collaborare e/o comunicare con gli altri, non possiamo ottenere risultati importanti. Trattandosi poi di comportamenti personali, sono molto diversi da persona a persona e sono anche difficili da cambiare.

Così si è formato, nel 2019, un Gruppo di Progetto SOFT Skill che ha elaborato e poi snocciolato un folto programma di eventi formativi. In un precedente articolo, uscito su questo sito, abbiamo dato un report “verticale” di un evento specifico, In questo articolo diamo conto dei temi che abbiamo affrontato nel Gruppo nel 2020 e di come ci predisponiamo per dargli un seguito nel nuovo anno appena iniziato (Seconda Stagione).

Ricordiamo che il GdP è aperto a tutti gli iscritti, previa comunicazione in

Segreteria.

 

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Gli ultimi emendamenti al decreto rilancio hanno sancito che la polizza di base, purché abbia determinate caratteristiche minime, è idonea ad adempiere all’obbligo previsto dall’art. 119, comma14.
I professionisti si chiedono pertanto se devono obbligatoriamente stipularne una “ad hoc”, mentre dovrebbero chiedersi se saranno effettivamente tutelati dall’assicurazione con le caratteristiche imposte dal decreto rilancio…….

 

Ing. Cristina Marsetti
Libero Professionista e Consulente assicurativo

 

 

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SUPERBONUS_110__-_Copertura_assicurativa

 

 

 

 

 

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La chiesa rupestre di San Vittore è una testimonianza, lasciataci dal passato, di un luogo di un culto sorto dove confluivano importanti vie di transito fra una sponda e l’altra del Brembo, il traghetto che lo attraversava e gli insediamenti che, anche in tempi successivi, sono sorti sulle due sponde.

I lavori che sono presentati in questo contributo, ne illustrano la storia ma, nello stesso tempo, sono propedeutici a successivi interventi manutentivi di tipo ingegneristico, tesi a salvare gli affreschi che il tempo e il microclima ambientale (legato all’elevato tasso di umidità relativa) tendono a deteriorare.

Il primo tema è stato affrontato dal professor Gian Pietro Brogiolo, in uno studio titolato “San Vittore di Brembate Sotto-Una chiesa rupestre della Valle Padana”, suddiviso in due capitoli: “L’insediamento rupestre di San Vittore” e “San Vittore nel contesto storico”.
IL prof. Brogiolo, già ordinario di Archeologia Medioevale a Padova e presidente della Società degli Archeologi Medioevisti Italiani, ha sviluppato gli aspetti teorico metodologiche e diretto progetti di Archeologia postclassica (su città, castelli, architetture, paesaggi e comunità rurali). Condirettore delle riviste “Archeologia Medioevale”, “Archeologia dell’Architettura”, “Post Classical Archaelogy”,e delle collane “Documenti di Archeologia”, “Progetti di Archeologia”, è autore di 455 articoli, 10 monografie e 60 volumi, molti sul territorio fra l’Adige e il Chiese.

Il secondo tema, quello legato al microclima ambientale, da cui si evince la necessità di una climatizzazione, è stato oggetto di una indagine del dottor Diego Marsetti, geologo, con i suoi collaboratori, gli ingegneri Stefania Ambrosini e Mirko Madaschi.
Il dott. Diego Marsetti, laureatosi nel 1992 in scienze geologiche, ha maturato le proprie esperienze lavorative sia in Italia che all’estero. Nell’aprile del 2017 è stato inserito nel gruppo degli autori che hanno studiato il sito archeologico denominato “The Hal Saflieni Hypogeum”, patrimonio UNESCO, in Malta. Della sua lunga attività professionale, rientrano, a titolo di esempio, i suoi studi Val Borlezza, in Cerete Sotto e nella Valle dell’Oglio. Quelli di Puno, in Perù, per il recupero ambientale del lago Titicaca e l’“Indagine geologica e mineraria a supporto tecnico dello stato di fatto delle miniere di oro, argento e rame e terre rare” nella Columbia Britannica, in Canada.
E’ autore di diverse pubblicazioni scientifiche nel campo della idrologia, corrosione biochimica, geologia–geotecnica ed ambiente e relatore in diversi convegni nazionali e internazionali.

Gen Guala

 

 

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Le misure di tutela previste dal DL Rilancio:

Poiché lo Stato tiene a tutelare sé stesso ed i cittadini, il decreto Rilancio impone all’asseverante, già dotato della polizza idonea imposta dalla L.137/2012, un’ulteriore assicurazione stipulata a proprio nome ed esclusivamente per le finalità di cui al comma 14 dell’Art.119 del DL 34/2020.

L’asseverante quindi dovrebbe a questo punto essere in una botte di ferro … se non che sembra che al legislatore siano sfuggiti alcuni dettagli che garantiscano l’effettiva tutela dell’asseverante e, di conseguenza dei suoi clienti e dello Stato.

Ing. Cristina Marsetti

 

Scopri tutto nell’articolo allegato:

LA POLIZZA SPECIFICA IMPOSTA NEL DECRETO RILANCIO PROTEGGERA’ L’ASSEVERATORE, I SUOI CLIENTI E LO STATO_

 

 

 

 

 

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L’introduzione del BIM, nel sistema degli appalti, impone alle stazioni appaltanti un’inevitabile trasformazione di tipo organizzativo e culturale, nella gestione dell’intero processo di realizzazione dell’opera (progettazione, verifica, affidamento, esecuzione, collaudo e gestione).

La gestione del processo di realizzazione di un’opera mediante BIM presuppone, infatti, una committenza altamente qualificata e un percorso di apprendimento e di crescita dei RUP/Project Manager, e più in generale della stazione appaltante, al fine di definire una domanda sempre più qualificata e precisa da parte della PA.

L’aspetto più importante per la buona riuscita di un processo di realizzazione di un’opera non è tanto la “centralità del progetto”, ma la “centralità e la qualità della Stazione Appaltante”, fondamentali nelle fasi di progettazione e di gara, ma ancor più nella fase di esecuzione dei lavori. Durante le fasi di realizzazione, infatti, si passa dal PROGETTO (teoria) all’OPERA COSTRUITA (pratica), con l’intervento di una serie di soggetti terzi quali l’appaltatore, i subappaltatori, la direzione dei lavori, i coordinatori per la sicurezza, gli enti

gestori, ecc. che possono influenzare pesantemente le scelte progettuali e, quindi, l’esito del procedimento stesso.

È il committente, infatti, che definisce in primis le regole per la fase di progettazione e successivamente per le fasi di esecuzione e di gestione dell’opera. Regole legate, fino a oggi, alla progettazione tradizionale e alle buone prassi esecutive, con l’introduzione del BIM sono volte alla definizione di paletti per la creazione del modello digitale e per la sua trasformazione e gestione in tutte le fasi nell’arco del ciclo di vita dell’opera.

Al fine di ottimizzare al massimo i benefici legati all’introduzione del BIM sarebbe opportuno che le stazioni appaltanti cogliessero l’occasione per la digitalizzazione non solo del progetto (modello BIM vero e proprio), ma dell’intero processo, puntando a una sempre maggior informatizzazione del complesso patrimonio informativo che gravita attorno all’opera,finalizzata a un sempre miglior utilizzo del dato digitale. Inoltre, l’indirizzo metodologico di approccio al BIM potrebbe essere notevolmente implementato inserendolo in un tema più ampio come quello del Project Management.

 

Commissione BIM – Ordine Ingegneri di Torino

Gruppo di Lavoro

Ingg. Claudio Trincianti, Alberto Rajevich, Sergio Ronco

 

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servizio-capitolato-informativo-commissione-bim-torino

 

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Partecipando a un convegno su “Bellezza, territorio, ambiente” l’ingegner Benzoni ha preparato un intervento che prendendo spunto da varie fonti cerca di dare alcuni spunti per una visione nuova della pianificazione e progettazione territoriale che, partendo dal degrado e dal consumo di suolo, desse nuovi paradigmi di azione per una vera salvaguardia.

Purtroppo il danno, a cui ora si tenta di porre rimedio, è già stato fatto, ed è iniziato nel primo dopo-guerra. Una parte è dipeso dalla  necessaria migrazione di tanti lavoratori dell’agricoltura verso altre attività capaci di garantire ancora un reddito costante, allora ritenuto certo, Una parte dal desiderio, e dalle possibilità economiche che lo consentivano, di vivere in una casa che non avesse il cesso nell’orto, o una turca ed un lavandino in uno sgabuzzino, da condividere alla fine di una ringhiera su cui affacciavano più famiglie stipate in due locali. Ma la responsabilità maggiori cadono sulla politica – a tutti i livelli – che non ha saputo (per ignoranza) o voluto (per calcolo) incanalare in una direzione accettabile, almeno per gli aggregati urbani, le semplici nozioni di urbanistica che da anni si insegnavano nelle università.

Lo “sperpero” del territorio, nella completa indifferenza per la tutela dell’ambiente e della bellezza, ne è una delle conseguenze più appariscenti. Contemporaneamente, sulla stessa area, ci sono esempi del sovrapporsi di funzioni incompatibili fra loro, sinonimo di degrado della qualità della vita. Al di là del tragico crollo, il ponte Morandi può illuminare in proposito.

Affrontare ora il problema non è compito facile; ancora meno facile individuare soluzioni condivise. Ma salvare il salvabile non è impossibile. Anzi, a livello planetario, la situazione dell’Italia, pur densamente popolata, per fortuna non è fra le peggiori esistenti.

 

Gen Guala

 

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Bellezza,_sicurezza,_economia_e_degrado_ambientale

 

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Sulle polizze professionali, necessarie per l’asseverazione nell’ambito del Superbonus 110%, in questo momento c’è un fiorire di articoli, faq, convegni etc.

Due Colleghe del ns Ordine, particolarmente competenti sull’argomento, ci hanno proposto quasi contemporaneamente un contributo informativo molto particolareggiato e potenzialmente molto utile, ai Colleghi interessati all’argomento, che è sembrato più efficace, al Comitato di Redazione del ns sito, pubblicare sotto un titolo unitario.

 

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Polizza_110__Marsetti

Polizza_110__Bendotti

 

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Per chi, circa sessant’anni fa, ha avuto l’occasione di esaminare il piano urbanistico della vasta area non edificata di Porta Nuova a Milano, che prevedeva la realizzazione di una serie di torri circolari di trenta metri di diametro, si accorge che ne è passata dell’acqua sotto i ponti. Per inciso, una di queste torri, che ho avuto l’avventura di esaminare, era collocata esattamente sul collegamento sotterraneo tra la Stazione Centrale e quella di Porta Garibaldi.

Questo ci porta a riflettere che forse è meglio che lo sviluppo di un organismo complesso come è una città con una storia millenaria, avvenga secondo  fabbisogni reali, e non secondo le ambizioni di un qualche assessore, che vuol passare alla storia. Si potrebbe obbiettare che sessant’anni sono tanti,, ma forse è valsa la pena aspettare qualche decennio, data l’integrazione del complesso nel tessuto urbano e la qualità degli edifici realizzati in questi ultimi anni. Ogni edificio è stato progettato con cura e realizzato secondo le tecnologie gestionali più all’avanguardia.

L’ articolo che segue, autore l’ingegner Alessandro Aronica, vuole essere una sintesi descrittiva delle principali problematiche e delle soluzioni tecniche adottate nello sviluppo del progetto strutturale della nuova Torre sita in viale Melchiorre Gioia 22 in Milano denominata “La Scheggia”. Questo edificio si configura come estensione verso nord del già realizzato complesso di Porta Nuova Garibaldi completato nel 2012.

Il nuovo progetto risulta essere, oltre che di importanza strategica per il pregio dell’edificio illustrato, è un esempio concreto di applicazione delle diverse teorie inerenti alla progettazione delle strutture in cemento armato normale e precompresso. Nel progetto infatti è sicuramente significativo l’utilizzo di calcestruzzi ad alte prestazioni e di miscele speciali per la realizzazione delle strutture portanti. Sicuramente risultano essere rilevanti anche le problematiche strutturali studiate per la realizzazione della Torre con particolare focus fatto per la caratterizzazione delle sollecitazioni eoliche fatta in galleria del vento.

Da ricordare, cosa non secondaria, che la realizzazione dell’edificio, e quindi anche della parte strutturale, si è avvalsa a pieno della tecnologia BIM.

Gennaro Guala –  ingegnere

 

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La notizia fà piangere! Siamo diventati così bravi a differenziare che come minimo ci aspettiamo un cambiamento climatico imminente per i nostri sforzi! Poi a Bergamo, al Nord…… ci sentiamo, a buona ragione, dei cittadini modello anche perchè differenziare costa fatica! E noi lo facciamo su una spinta razionale perchè vogliamo salvare, se non il mondo, almeno il mare, gli oceani da quella valanga di plastica…… E invece no! ben il 67% della plastica che differenziamo non è recuperabile come materia prima seconda! Si, ben due terzi!

E’ quanto si può leggere in uno studio realizzato nel dipartimento di ingegneria civile e ambientale del Politecnico di Milano, coordinato dal Prof. Mario Grosso, che ci ha gentilmente concesso di pubblicare il loro articolo.

A pesare è la presenza massiccia di plasmix, ovvero un materiale plastico misto per il quale NON ESISTONO FILIERE STRUTTURATE DI RICICLO. E non finisce qui! Sebbene questo scarto potrebbe “almeno” essere recuperato come calore nei termovalorizzatori, ben il 19% di questo materiale viene conferito in DISCARICA (!!!???) “a causa della difficoltà di trovare altri sbocchi” (!!!???).

Insomma, invece di essere in un’isola felice, scopriamo che c’è ancora tanta strada da fare, che siamo solo all’inizio del percorso e che deve passare ancora molto tempo prima di capire che NON BASTA DIFFERENZIARE MA BISOGNA ANCHE INDUSTRIALIZZARE IL PERCORSO DEL RICICLO e qui servono ingegneri, industriali lungimiranti e politici con uno sguardo lungo.

 

Ing. Livio Izzo
Referente del Consiglio presso la
Commissione Ambiente ed Ecologia

 

P.S. Oltre all’articolo scientifico del Poli, allego anche l’articolo giornalistico che mi ha fatto scoprire questa miniera di informazioni. Ho chiesto ed ottenuto il permesso dall’Editore di allegarlo perchè magari può stimolare anche qualcun’altro ad approfondire questo affascinante e poco noto argomento.

 

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Per promuovere il mercato degli aggregati riciclati “di qualità” dovrebbero esistere strumenti di incentivazione economica e fiscale e meccanismi premiali da parte delle committenze e, soprattutto, l’aumento della tassazione per il conferimento in discarica, ancora troppo conveniente rispetto al riciclo dei materiali.

“Purtroppo invece le percentuali di utilizzo risultano in meno dell’1% a causa di una serie di ostacoli normativi e culturali che ne limitano l’impiego. Il blocco delle autorizzazioni “caso per caso”, in atto fino a novembre 2019, ha riguardato anche il riciclo dei rifiuti da C&D come aggregato per calcestruzzo strutturale poiché non previsto dal D.M. 5/2/98.”

Quali speranze?

 

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– SOST_FEDERBETON_2019
– Rapporto_di_Sostenibilità_Federbeton_2019

 

 

 

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