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Avevamo annunciato questo workshop organizzato dalla Commissione Ecologia & Ambiente per opera dei Colleghi Ingg. Livio Izzo, Edoardo Arcaini e Gianfranco Benzoni

L’Economia Circolare dalle parole ai fatti: Aggregati riciclati e artificiali per CLS

ed è stato all’altezza delle promesse: 12 qualificati relatori ci hanno dato uno squarcio più che completo di questo argomento sia sul piano tecnico che tecnologico che normativo che sulla ricerca e sulle applicazioni in atto.

Ecco un documento sintetico delle loro relazioni con allegate le relazioni stesse.

Penso sia ormai common knowledge quanto questo argomento sia centrale nell’ambito della economia circolare in cui stiamo entrando a grandi passi.

 

Il CdR

 

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La digitalizzazione della verifica delle pratiche edilizie è molto complessa: devono essere digitali non solo il modello architettonico (e/o strutturale e/o impiantistico) ma anche le Norme ed i Regolamenti con cui incrociarlo.

Ci aspetteremmo, quindi, di essere ancora molto lontani dal momento in cui tutto ciò sia possibile e invece no! Siamo molto vicini. Da ormai parecchi anni il tema è non solo sviscerato in teoria ma molte sperimentazioni si sono ormai stratificate tanto che è stata messa in cantiere anche una Norma UNI che possa delineare il perimetro e le specifiche per questa ennesima applicazione del BIM e della digitalizzazione in generale.

Gli autori di questo articolo dapprima delineano molto efficacemente il tema, poi riportano le esperienze già fatte e consolidate per, infine, individuare le azioni da svolgere nell’immediato futuro nella prospettiva che anche il PNRR possa già usufruirne.

Livio Izzo

 

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articolo

 

 

 

 

 

 

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Abbiamo già trattato l’impatto dello Smart Working sull’industria nel ns precedente articolo

EMERGENZA COVID-19. Lo smart working: impatto e opportunità per le PMI

Ritorno sull’argomento, cogliendo spunto dall’interessante articolo di BitMAT allegato, per rapportarlo ad uno studio professionale di progettazione, in qualsiasi disciplina ingegneristica.

In conference call siamo ormai del tutto abituati a condividere lo schermo, fra colleghi di diverse discipline o con diversi ruoli, sul particolare della tavola in discussione e, lì per lì, non ci vengono in mente le conferenze intorno ad un tavolo-riunioni con una bella tavola A0 spianata in mezzo dove, per guardare il particolare in discussione, dovevamo avvicinarci tutti alzandoci ed allungando il collo quanto possibile e facendo capannello sul tavolo appoggiati malamente alle braccia.

Non ci vengono in mente perchè, in verità, stavamo gradualmente perdendo l’abitudine alle tavole cartacee perchè molto “effimere” e costose a tutto vantaggio di una analisi su un buon monitor ma anche qui, stare vicino all’operatore non ti dà la stessa chiarezza di percezione di quando sei tu di fronte al tuo schermo, magari uno schermo duplicato da 28″ 4K come è ormai quasi normale avere tutti.

Insomma, se non facciamo mente locale, non ci rendiamo conto che la condivisione dello schermo è di gran lunga più efficace delle esperienze precedenti e che abbiamo “scoperto” in grande ritardo rispetto alla tecnologia.

In pratica, il Covid ci ha fatto vincere non solo la pigrizia o la inerzia al cambiamento ma la condivisione in conference-call è la tecnica più efficace di collaborazione che si possa avere oggi sul mercato.

Se poi aggiungiamo il risparmio di tempo e di risorse per gli spostamenti facciamo veramente Bingo!

Se facciamo analoga considerazione sulle riunioni non tecniche, per esempio le Commissioni, i Consigli ed anche gli eventi formativi con videocamera accesa, si arriva a chiedersi perchè non lo abbiamo fatto già molto tempo prima.

E invece corriamo il rischio di tornare indietro…

C’è nell’aria il motivo ricorrente della socializzazione, che ci porta a volte a “mitizzare” la normalità delle riunioni “in presenza”.

Per carità, non ho dubbi che per gli studenti, specialmente i più giovani, ma anche fino alla maturità, le lezioni in classe e la strada affianco ad un compagno di classe siano importanti quasi quanto il contenuto dello studio ma per gli adulti, onestamente, farei molti distinguo e, quanto meno, farei una analisi situazione per situazione per valutare la soluzione migliore che, forse, sarà quella di un mix salutare fra le diverse modalità.

Ecco, ho voluto condividere queste mie esperienze e queste mie considerazioni. Mi piacerebbe leggere contributi di esperienze anche diverse o anche di apprendimenti diversi dalle stesse esperienze perchè da queste prese di coscienza dovremo immaginare come costruire il nostro futuro di progettisti.

 

Livio Izzo

 

 

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PMI_e_Smart_Working

 

 

 

 

 

 

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Veramente entusiasmante e pieno di energia positiva il progetto di transizione ecologica della Commissione Europea.

Non ci sono freddi numeri ma concetti, chiari e precisi, per un processo che vedrà la trasformazione graduale delle nostre economie e delle nostre abitudini con l’obbiettivo della neutralità climatica dell’Europa nel 2050 con lo step intermedio del 2030 che vedrà il 55% degli obbiettivi raggiunti.

Nella sostanza si programma la trasformazione di ogni attività che produce CO2 in attività o che ne producano meno o che, addirittura, la consumino.

Ma il processo non riguarderà più solo i grandi consumatori di energia, come i produttori di acciaio, cemento, elettricità etc. ma riguarderà tutti: dai trasporti su rotaia e gomma fino alle nostre automobili, alle costruzioni fino alle nostre abitazioni.

Tutto ciò che può essere migliorato verrà penalizzato fiscalmente: il sistema ETS (Emissione Trade System), che finora è stato applicato solo ai grandi consumatori di energia, verrà applicato anche alla nostra abitazione, alla nostra auto, agli autobus, agli aerei, alle navi etc. mentre ogni processo ambientalmente migliorativo sarà incentivato, come lo è stato il FV che ha avuto una enorme esplosione negli ultimi 10 anni.

L’economia sarà in equilibrio, dunque, perchè i finanziamenti provengono dai risparmi e gli incentivi verranno dai disincentivi e, se ben gestito, il tutto darà un forte impulso all’economia che si trasformerà completamente come si trasformeranno le nostre abitudini sia personali che professionali.

Sappiamo che già ora siamo in un periodo di forti cambiamenti e forse ci stiamo abituando ad avere punti di riferimento nuovi ma ora ci sarà una forte disontinuità con una forte accelerazione che sposterà anche tutti i nostri riferimenti aziendali: i parametri ecologici diventeranno prevalenti sui parametri monetari, per esempio, e questo orienterà i progetti, le soluzioni, le tecnologie, gli obbiettivi.

Saremo quindi ancora più necessariamente interessati a formarci sulle nuove tecnologie con il rischio di restare rapidamente indietro se non lo facciamo.

Ma, come tutti i processi rivoluzionari, non cruenti, il futuro darà molto spazio alla ns fantasia ed alla nostra creatività perchè dovremo esplorare spazi non ancora battuti e le possibilità di inciampare si moltiplicheranno.

Insomma, possiamo essere contenti di una visione generale così creativa ma ora starà a noi, ad ogni livello, trovare le maniere concrete per ideare e realizzare i progetti con successo: ma penso che da ingegneri potremo solo esserne felici!

Livio Izzo

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Allegato1: Communication from the commission to the european parliament, the council, the european economic and social committee and the committee of the regions – FIT foR 55′: delivering the EU’s 2030 Climate Target on the way to climate neutralitys

 

Allegato2: Sintesi giornalistica di GIT 4 55

 

 

 

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In questo articolo, lucidissimo, lungimirante, predittivo ed un pò provocatorio Andrea Dari mette in luce le implicazioni che il piano europeo fit-4-55 provocherà sul mondo delle costruzioni in generale e sulla filiera del Calcestruzzo Armato da un’altra.

 

E’ una analisi molto concreta, affatto fantasiosa, su cui dovremmo tutti riflettere molto attentamente per capire da che parte stare e, fra l’altro, quale mestiere praticare fra una decina d’anni.

 

Livio Izzo

 

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articolo

 

 

 

 

 

 

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CEMBUREAU è l’Associazione Europea del Cemento. Ha base a Brussels e rappresenta, presso la Commissione Europea, tutte le Associazioni nazionali del cemento in tutti i campi di interesse europeo: tecnica, ambiente, energia, occupazione, salute, sicurezza, sostenibilità etc.

In vista degli obbiettivi europei di neutralità climatica, per il 2050, l’industria del cemento e del calcestruzzo ha elaborato un piano molto dettagliato che agisce per fasi e per ciascuno dei segmenti della filiera: Clinker, Cement, Concrete, Construction, Carbonation, le 5 C.

Per ciascuna di queste 5 “C” il piano segmenta ulteriormente il ciclo produttivo nelle singole fasi produttive e, per ciascuna di esse, analizza i margini di miglioramento (ambientale) individuando quelli concretamente raggiungibili e dando, per ciascuno di essi, un cronoprogramma di lavoro.

E non ci sono solo impegni perchè a fronte dei miglioramenti ambientali si prevedono veri e propri “risparmi” sulla “bolletta” energetica, quote ETS in primis ( https://ingegneribergamo.online/incredibile-in-questa-nostra-europa-commerciamo-diritti-ad-inquinare/ ), che dovrebbero finanziare tutto il progetto.

Insomma: un piano molto serio, concreto e credibile che vede una serie di milestone misurabili e su cui rendere conto.

E’ sicuramente un metodo di lavoro encomiabile per un settore industriale che ha già dimostrato, negli ultimi decenni, di essere credibilmente in grado di fare programmi e di mantenerli. Pensiamo p.e. all’uso del CSS, il Combustibile Solido Secondario derivato dalla lavorazione dei RSU, attualmente del tutto integrato nel ciclo di lavorazione del cemento..

Allego due documenti programmatici di CEMBUREAU molto dettagliati, nei segmenti e nelle fasi sopra riassunti, che è interessante leggere sia per poter assaporare un “metodo” di lavoro, necessario per progettare la road map verso il 2050, e sia per scendere scientificamente in ciascuno step del progetto e vedere concretamente quali scelte tecnologiche, organizzative e industriali possono essere messe in campo da una filiera produttiva. Ottimo spunto per stimolare la ns creatività e competenza di ingegneri nel dare il nostro contributo nei nostri rispettivi campi professionali.

Allego anche un documento che riassume l’organizzazione di base di una cementeria per individuare le singole fasi del ciclo produttivo su cui il piano individua singole e specifiche azioni di miglioramento ambientale.

Livio Izzo

 

P.S. Mi dispiace non aver trovato i testi in lingua italiana ma non mi è sembrata una ragione sufficiente per non divulgarli

 

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manufacturing-process-factsheet_update-jan2021
cembureau-2050-roadmap_final-version_web
cembureau-2050-roadmap_executive-summary_final-version_web

 

 

 

 

 

 

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In questo articolo il collega Menapace parte con l’analizzare il significato di innovazione così come definito dalla norma UNI EN ISO 56000:2021 “Gestione dell’innovazione – Fondamenti e vocabolario”.

Viene evidenziato come l’innovazione, indipendentemente  dall’ “entità” oggetto stessa dell’innovazione (processo, prodotto, servizio, organizzazione, metodo, modello di business …),  si fondi essenzialmente, oltre che sul grado di novità (considerato dal punto di vista spaziale, temporale e culturale) e sul suo impatto (che distingue l’innovazione in incrementale, radicale o dirompente), soprattutto sulla capacità di generare  “valore” in qualunque modo esso sia misurato.

Portando l’attenzione al settore delle costruzioni (che vale il 13% del PIL mondiale) ed alla serie di problemi che lo affliggono ritardandone rispetto ad altri settori lo sviluppo, Menapace giunge ad evidenziare come la creazione di valore ancor più che sulla creatività e sulla ricerca si debba fondare sulla strutturazione di un “sistema” che assicuri la corretta armonizzazione di tutti i processi e  le attività in modo integrato e correlato  al fine di massimizzare le opportunità di successo delle stesse iniziative di innovazione in maniera sistematica, come proposto dalla UNI EN ISO 56002:2021.

La chiave di svolta sarà poi, sempre secondo Menapace, estendere quest’approccio dal sistema della singola organizzazione a tutta la filiera delle costruzioni per creare un vero e proprio ecosistema dell’innovazione.

Mi fa piacere ricordare il corso organizzato nello scorso gennaio con il collega Menapace dall’Ordine degli Ingegneri di Bergamo e di Trento insieme alla Rete Edinnova ed al Consorzio Habitech, organizzazioni nate proprio affinché la realizzazione di un ecosistema di innovazione nel settore dell’edilizia e delle costruzioni non rimanga una mera utopia.

Ing. Piergiuseppe Cassone

 

Rappresentante della Delegazione Italiana

presso ISO/TC 279 e Coordinatore del

Gruppo di Lavoro  UNI/CT 016/GL 89

 

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In questo articolo il collega Manzoni descrive quella che tra tutte le rivoluzioni industriali è forse la meno “visibile”, perchè non agisce direttamente e/o tangibilmente sui processi, sulle macchine o sull’uomo. E’, cronologicamente, la quarta è si basa quasi esclusivamente sul software che grazie alla sua meritata posizione di attore di primo livello migliora e innova l’industria come mai prima d’ora.

L’innovazione data del software si può trovare in molteplici campi della produzione industriale attraverso l’utilizzo del machine learning e dell’intelligenza artificiale applicate in ambiti quali la computer vision, il virtual sensing e l’anomaly detection.

L’ingegnere informatico in questo modificato scenario, con le sue capacità di analisi, sviluppo e gestione, assume un ruolo chiave per le fabbriche che diventeranno sempre più intelligenti, efficienti e produttive. Le università hanno già attivi percorsi di formazione per rispondere alle richieste dal mondo industriale e la disponibilità di materiale online, anche gratuito, porterà le aziende in un nuovo mondo dove il dato intangibile e prodotto tangibile salperanno per il futuro.

 

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trasformazione_digitale_delle_fabbriche

 

 

 

 

 

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L’impatto sul mondo produttivo del covid 19 ha fatto dello “smart working” un modo di lavorare sempre più diffuso. Smart vuol dire intelligente. Se per intelligente si intende l’utilizzazione di tutti i mezzi che l’evoluzione della tecnologia mette a servizio delle attività dell’uomo, oserei dire che lo “smart working” è esistito da quando mondo è mondo. La pandemia, costringendo la gente nelle sue case, non ha fatto altro che accelerare un processo già in atto. Più facile nelle multinazionali, che già lo utilizzavano, anche se i loro dipendenti, per antica consuetudine, si recavano ancora in ufficio. Porto l’esempio di Microsoft, che ha chiuso la direzione di Redmond, nei pressi di Seattle, dal febbraio del 2020 e non la riaprirà fino a quando il vaccino non avrà debellato il morbo. Si tratta di migliaia e migliaia di persone che già lavoravano nel dare supporto a clienti e fornitori sparsi in tutto il mondo, abituate da anni allo “smart worhing”, se non fosse altro perché si connettevano da casa alle nove di sera, quando in Cina era l’alba. Non so come se la cavassero là, nella produzione dei componenti.  Sono gli stessi problemi che deve affrontare l’industria in Italia, in particolare la piccola e media industria, che regge sulle sue spalle quasi tutto il peso dell’intero paese.

L’ing. Mazzoleni, nelle interviste che ha fatto, ci fa un quadro di come due ditte, operanti nella bergamasca, abbiano affrontato, ricorrendo allo “smart working”, le restrizioni imposte dalla prima ondata del virus. Un processo che si è ripetuto, secondo la loro peculiarità, in altre decine e decine di siti produttivi. C’è stato anche il tempo, purtroppo, di cercare un giusto equilibrio. Speriamo di poter tirare in tempi brevi le somme di questa rivoluzione, che muterà radicalmente abitudini consolidate nella nostra vita quotidiana e nei rapporti sociali.

 

Gennaro Guala

 

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EMERGENZA COVID 19

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E’ materia nota la tecnologia del cemento armato ed è quasi altrettanto nota la prefabbricazione a secco: quella dei capannoni, per intenderci. Diciamo “abbastanza nota” perché quanto è avvenuto durante il terremoto in Emilia -Romagna ha denunciato carenze progettuali o esecutive che lasciano perplessi, Facciamo notare che la stessa tecnologia, che usa elementi portanti, sia verticali che orizzontali prefabbricati poggiati “a sella” fra loro, è stata utilizzata anche per edifici multi-piano.

Molto meno nota è una tecnologia intermedia: quella che comporta elementi parzialmente prefabbricati, da completare con getti in opera ai nodi. Sia quelli di fondazione con i pilastri, sia quelli di piano, orizzontali e verticali, rendendo la struttura monolitica, in fase di esercizio. Se i programmi di calcolo possono aver reso accessibile e credibile un dimensionamento delle strutture, è necessaria un’analisi dei costi piuttosto accurata, nella ricerca delle soluzioni che consentano di individuare quale metodo di prefabbricazione utilizzare per avere dei benefici effettivi (di costi o di tempo) nella gestione del cantiere .

Quanto detto, è una premessa generale.  Il PREM è un sistema utilizzato per questo tipo di prefabbricazione, (più ditte lo hanno adottato), di cui, anche con immagini, tratta con obiettività l’articolo allegato.

Livio Izzo e Gennaro  Guala – ingegneri

 

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